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“Quello europeo è un mercato rionale in cui tutti prendono quello che possono”: Saraceno parla di Ue e ritardi

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“L’Europa ha bisogno di un ministero dell’economia comune, in cui le tasse coprano le spese correnti e i settori chiave vengano finanziati a debito”. Francesco Saraceno, economista, vicedirettore di dipartimento presso l’Osservatorio francese della congiuntura economica (Ofce) e insegnante alla Luiss e a Sciences Po (Istituto di studi politici di Parigi) ha tenuto il 13 novembre una lezione al Campus Einaudi per la X edizione delle “Einaudi lectures”, organizzato dalla Fondazione omonima. Un’occasione per parlare del ritardo economico dell’Europa, della debolezza strutturale del mercato europeo, delle soluzioni possibili, degli ostacoli e di democrazia.

Il professor Saraceno ha le idee molto chiare su cosa serva all’Europa per recuperare un divario economico decennale, sulle ragioni profonde di questo divario e di come si potrebbe provare a risolverlo, non ci fossero sovranità riottose a mettersi di traverso. “La fondazione delle attuali strutture dell’Unione Europea è avvenuta in un periodo in cui l’influenza keynesiana non era dominante”, spiega. John Keynes è stato un economista sostenitore dell’intervento statale, che metteva in discussione la classica teoria economica che vedeva il mercato come un’entità capace di stabilizzarsi da sé. Teoria che venne implementata invece nelle strutture europee. Il mercato europeo è stato lasciato libero di autoregolarsi, mentre la governance si è concentrata sul contenimento del debito, sul controllo dell’inflazione e sull’indipendenza monetaria.

Una scelta che, secondo Saraceno, è stata deleteria nel lungo periodo. La Cina sperimenta una crescita rapidissima prima del fisiologico rallentamento. Gli Stati Uniti hanno a lungo giovato dell’essere egemoni di un sistema capitalistico di cui erano vertice, ottenendo un vantaggio commerciale e tecnologico e potere negoziale. Nel momento in cui hanno iniziato a sfilarsi dal ruolo di garanti del commercio mondiale, i cui passi più eclatanti sono stati compiuti da Donald Trump, l’Europa si è scoperta “estremamente vulnerabile”. L’idea del libero mercato implica che “se il data center è un investimento vantaggioso, il mercato europeo se ne accorgerà da solo”. Questo fenomeno non si è concretizzato, e quando in tempi recenti si è imposta la necessità di un intervento europeo per recuperare il divario e uscire da uno stato di “crisi polipermanente” l’Unione Europea si è ritrovata priva di mezzi per implementarlo. “Si pone poi un altro problema” ha proseguito Saraceno “se devi costruire un data center in Germania, l’Italia si mette di traverso perché perderà posti di lavoro e ritorno economico immediato a discapito di un altro Paese”.

La sovranità degli Stati ha rallentato il processo di integrazione europea. “I padri dell’Europa erano disposti ad andare contro gli interessi nazionali rinunciando a parte della propria sovranità in cambio di un grande ritorno sul lungo periodo. Per i governanti attuali l’Europa è un mercato rionale in cui prendere tutto quello che possono e poi andarsene”. Ciononostante, Saraceno non si definisce un tecnocrate. “Ci vorrebbe un ministero dell’economia europeo, ma secondo il principio no taxation without representation”. Un ipotetico ministero dovrebbe disporre dei proventi di una politica fiscale comune da utilizzare per le spese pubbliche. Tuttavia, trattandosi di denaro dei cittadini, un tale organo dovrebbe essere necessariamente votato democraticamente.

Per quanto riguarda gli investimenti sul lungo periodo, il professore dichiara: “il modo migliore che ha l’Europa di recuperare il divario con le economie più sviluppate è deviare il dibattito dal contenimento del debito. Bisogna individuare i settori strategici, che siano l’indipendenza energetica, la transizione digitale o ecologica, e su quelle investire svincolandole dal Patto di stabilità, come si è fatto per la difesa”. Per gran parte delle economie europee, il debito è “pienamente sostenibile”, e lo era anche ai tempi della crisi del 2008, “quando i mercati si accanirono su Spagna e Italia. Se la Grecia non era difendibile, l’Unione Europea avrebbe dovuto tutelare economie nazionali che non erano così in difficoltà dall’aggressione dei mercati”.

Sebbene sulla carta sembrino soluzioni logiche, la resistenza degli Stati resta il principale ostacolo, ma per il professore esiste un limite che nessun postulato può valicare. “C’è un buco, ed è l’assenza della politica” ha concluso Saraceno. “Se gli Stati non vogliono una politica fiscale comune, bisogna accettare che va bene così. Non è la tecnocrazia la strada. Queste idee non possono prescindere dalla democrazia, che resta il valore più importante da tutelare”.

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