“Avevamo chiesto di lasciar perdere una nuova classificazione per stabilire cosa è comune montano e quando no: è sempre pericoloso definire cosa è montagna vera rispetto alla montagna considerata falsa”. Lo dice Roberto Colombero, presidente Uncem Piemonte, intervenuto in merito al ddl Montagna approvato il 10 settembre 2025. Il ddl intende investire 200 milioni all’anno per il triennio 2025-2027 a supporto dei comuni ad alta quota, per il loro ripopolamento e lo sviluppo socio-economico. Il provvedimento approvato userà nuovi criteri di altitudine e pendenza per definire un comune montano. Chi non rispetterà le richieste non potrà accedere agli incentivi previsti dal ddl. “La notizia sulla riduzione dei comuni montani non è verificabile perché non sono stabiliti criteri specifici – denuncia Colombero -. È stata creata una commissione per questo ma siamo critici: non sono coinvolti rappresentanti di Uncem o esperti a definire questi ‘criteri di montanità’ che sono pericolosi di per sé”.
Secondo indiscrezioni, “ci si aspetta che il criterio minimo da rispettare saranno i 600 m s.l.m” aggiunge il rappresentante di Uncem. A questo si aggiungono le opposizioni, per cui “la preoccupazione è forte: Le Regioni e le associazioni di Comuni, d’altronde, hanno già segnalato come i nuovi parametri, troppo rigidi e puramente orografici, non tengano conto della complessità socio-economica dei territori. È necessario che nel decreto attuativo vengano inseriti anche indicatori di fragilità territoriale, per evitare esclusioni ingiuste e garantire continuità nei finanziamenti”. Lo sottolineano i consiglieri del Pd al Consiglio regionale, Mauro Calderoni, Fabio Isnardi, Simona Paonessa, Domenico Ravetta e Emanuela Verzella.
Le zone piemontesi che potrebbero essere maggiormente colpite sono l’Alessandrino, il Cuneese, il Canavese le valli del Torinese. La nuova divisione, che sarà decisa nella commissione preposta, “è importante solo ai fini di questa legge. Per fortuna i comuni montani ottengono fondi anche dalla Regione”, sottolinea Colombero che denuncia l’esclusione di fattori socio-economici dalla valutazione: “Alcuni percorsi – come quelli di sostenibilità e adattamento ai cambiamenti climatici – riguardano tutti, non solo chi sta in alto o in basso. Si tratta di una logica paternalistica e arcaica di considerare la montagna. La rigenerazione urbana e comunitaria non dovrebbero tenere conto di longitudine o altitudine”. Secondo i criteri attesi, i comuni montani piemontesi passerebbero da 486 a 420, ma la zona più colpita sarebbero gli Appennini.