“Nessun Paese sano danneggerebbe la propria industria audiovisiva”. Domenico Procacci, fondatore della casa di produzione cinematografica Fandango, che ha lanciato registi come Gabriele Muccino e ha prodotto film come Gomorra o Diaz – Don’t clean up this blood, è critico sui tagli all’industria del cinema in legge di bilancio, prospettati in questi giorni dal ministro della cultura Giuli. Protagonista insieme a Kasia Smutniak di uno degli scatti più iconici realizzati da Riccardo Ghilardi nell’ambito della mostra “Piano sequenza la Mole”, era presente alla Galleria d’Italia di Torino, il museo della fotografia che dall’11 novembre ospita la mostra che celebra i 25 anni di Museo del Cinema.
Un governo che da un lato dichiara di “avere a cuore” il cinema italiano, e dall’altro conduce da anni una battaglia contro gli incentivi alle produzioni cinematografiche. Nel 2023 l’allora ministro della cultura Gennaro Sangiuliano si espresse contro il sistema del credito d’imposta che avrebbe favorito “film che vendono 29 biglietti”. “Non si deve giudicare un film dal numero di biglietti venduti, come vorrebbe certa propaganda”, ha dichiarato Procacci. “Il primo film di Muccino, che io ho prodotto, ha avuto un pubblico molto limitato, così come i primi film di Paolo Sorrentino. L’opera prima non serve a ottenere successo di pubblico, ma a capire se un regista ha una voce in grado di durare negli anni. Le opere prime sono un investimento”.
“La tax credit non è finanziata da soldi prelevati dalle tasche dei cittadini”, ha proseguito il produttore. “Anzi, genera un ritorno economico notevole. E questo lo dice la Cassa depositi e prestiti, non un centro sociale”. Il riferimento è a uno studio dell’istituto finanziario che ha rilevato che ogni euro investito in tax credit per il cinema genera un ritorno economico di 3,54 euro. “I registi che ho nominato, dopo gli esordi, hanno portato al cinema moltissima gente e hanno realizzato film importanti. Ci saremmo dovuti fermare?”
Domenico Procacci ha concluso con un pensiero su una certa avversione che il governo potrebbe avere rispetto al cinema a causa dello schieramento ideologico di alcune produzioni cinematografiche. “Mi auguro che non sia così. Alcuni film hanno un messaggio ideologico o cercano di trasmettere certi messaggi, ma la gran parte delle produzioni non lo fa. Spero che non ci sia un accanimento, perché danneggiare la propria industria audiovisiva non è nell’interesse di nessun Paese”.
La legge di bilancio per il 2026 prevede un taglio di 150 milioni di euro di fondi destinati al cinema e all’audiovisivo, che saliranno a 200 milioni nel 2027. Un taglio netto, il più grande della storia italiana, che rischia di bloccare l’industria cinematografica nostrana. Sommerso da critiche ai tagli, il ministro Alessandro Giuli ha provato a effettuare un “travaso” di 100 milioni di contributi per le imprese del settore inutilizzati dal Mef. Un decreto bloccato dalla Ragioneria dello Stato perché fuori tempo massimo, che è stato utilizzato dal ministro per mettere in dubbio la terzietà dell’organo statale e accusarli di voler lasciare agli operatori del cinema solo “brioches”. “Spero che questi tagli non si concretizzino. Senza credit tax i film non si fanno”, ha concluso Procacci.