“Volevo essere sveglio quando sarei morto. Ho passato notti sforzandomi di non dormire per essere consapevole dell’ultimo istante in cui sarei stato ancora vivo”. È una delle immagini più intense con cui lo scrittore ed ex ministro della Cultura palestinese Atef Abu Saif ha raccontato la propria esperienza di sopravvivenza sotto i bombardamenti a Gaza. Lo ha fatto in dialogo con la giornalista Francesca Mannocchi, durante l’incontro “Democrazia e conflitto. Uno sguardo da Gaza”, al Teatro Carignano di Torino.
Non era solo una testimonianza, quella di Abu Saif. Era anche una denuncia e, in qualche modo, una dichiarazione di resistenza. Gaza non è solo conflitto e distruzione, ma è anche il luogo che ospita la terza chiesa più antica al mondo, quella di San Porfirio. “Conta 17 università per soli due milioni di abitanti e – prima che la scuole fossero distrutte dalle bombe – era l’unico luogo nei Paesi arabi in cui non c’era una sola persona analfabeta, neanche tra gli anziani”, aggiunge Abu Saif. È anche un luogo, però, in cui l’80% della popolazione non ha mai varcato i confini della Striscia. “Chi è mai uscito da Gaza?”, ha chiesto lo scrittore palestinesi ai propri studenti durante un corso. “Solo uno, su 200”, conclude.
Quando si parla di democrazia e conflitto, il riferimento ad Hamas è inevitabile. “Hamas gode del sostegno di una parte della popolazione. Se oggi si tornasse al voto, probabilmente non supererebbe il 40 per cento (come accadde nelle elezioni legislative del 2006, ndr.), ma ci andrebbe vicino. È stato eletto e questo va riconosciuto, anche se io stesso sono stato incarcerato da Hamas”. Un consenso, secondo Abu Saif, che nasce anche dall’assenza di alternative e dall’incapacità della comunità internazionale di costruire vie d’uscita praticabili. “Se Israele pensa che radendo al suolo Gaza convincerà i palestinesi ad andarsene, sbaglia. Non abbiamo nessun altro posto dove andare”.
Al termine dell’incontro, la domanda centrale sul rapporto tra democrazia e conflitto rimane aperta: si può parlare di democrazia quando la libertà è ridotta a sopravvivere giorno per giorno? “Non ha nemmeno senso parlare di democrazia – risponde Atef Abu Saif – se veniamo bombardati ogni giorno. Non siamo uno Stato, ecco perché non abbiamo una democrazia. Ma invece di pensare a queste cose, dovremmo pensare a terminare l’occupazione israeliana, solo così avremmo giustizia. Ma il mondo non vuole la giustizia, solo un po’ meno ingiustizia. Avremo la democrazia quando ci verrà dato uno Stato. Anzi, quando ci verrà data la possibilità di formarcelo da soli”.
Conclude alla fine della conferenza: “La pace non è nelle mani di Israele, perché Netanyahu non la vuole: è preoccupato di fermare la guerra, perché per lui noi dobbiamo scomparire. La pace a Gaza è nelle mani della Comunità internazionale, che deve ammettere cosa sta facendo Israele e farlo smettere”. Lapidario il commento finale di Mannocchi: “A chiunque abbia letto il libro di Atef Abu Saif: non possiamo dire che non sapevamo cosa sta succedendo a Gaza”.