Secondo l’ultimo report dell’Istituto superiore sanità (Iss), pubblicato nel 2024, in Piemonte sono oltre 166mila i casi di demenza, alzheimer e di disturbo cognitivo. La sola Torino ne ha registrati 86.500. In Italia 2 milioni di persone sono affette da questo tipo di patologie, un dato “alto, strettamente legato all’invecchiamento della popolazione”, come ha spiegato Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità, alla conferenza “Nuove sfide per il disturbo neurocognitivo. Traiettorie da esplorare” tenutasi a Torino il 7 marzo.
Alzheimer e disturbi cognitivi presentano conseguenze di difficile gestione non solo per le persone colpite, ma anche per le famiglie. A questo proposito la regione Piemonte, come spiegato dall’assessore alla Sanità Federico Riboldi, si sta muovendo per facilitare il percorso di cura e di prevenzione: “Gli investimenti su alzheimer e disturbo neurocognitivo saranno al centro del nuovo piano sociosanitario, la cui ultima versione risale al 1995. Vogliamo riscrivere il testo in modo bipartisan tenendo conto delle richieste che i cittadini che hanno vissuto in prima persona questa situazione propongono”.
Lo stigma sociale è una questione centrale in questo ambito e per questo motivo Riboldi ha citato come esempio virtuoso il caso di Casale Monferrato, nelle cui strutture ricettive “l’angolo delle macchinette del caffè si chiama tisaneria, l’angolo lettura si chiama giornalaio, la mensa si chiama ristorante, i corridoi riproducono le vie commerciali della città e chi lo frequenta non è parcheggiato in luogo triste”. A Casale è presente poi un centro diurno che contribuisce a “formare la coscienza di chi ci abita, che diventa più consapevole rispetto alla patologia”. Oltre al problema della percezione della malattia, sussiste anche un questione economica. Da un’indagine condotta dall’Iss è emerso che il costo medio dei caregiver in Piemonte è superiore alla media nazionale. Molti familiari scelgono, pertanto, di assistere di persona un proprio caro.
Gianna Pentenero, consigliere regionale Pd, ricorda invece quale dovrebbe essere la priorità della Regione: “È giusto considerare gli aspetti sociali, ma non bisogna dimenticarsi della parte sanitaria, che rimane la principale problematica”. A tal proposito Piero Secreto, direttore sc geriatria dell’ospedale Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese e membro del Comitato scientifico dell’Associazione alzheimer Piemonte, sostiene: che sia fondamentale “intercettare coloro che si trovano nella fase iniziale della malattia”. E per farlo ipotizza di formare una rete regionale composta dai Centri per i disturbi cognitivi e le demenzepresenti (Cdcd), a cui dovrebbe essere affidato il compito di individuare i soggetti. Questi dovrebbero essere poi indirizzati a “tre o quattro Centri di riferimento, il compito di individuare le persone a cui somministrare le nuove terapie, seguendone il follow up”.
Il primo passo per l’individuazione della malattia viene affidato spesso al medico di base. Francesco Guastamacchia, medico di medicina generale presso l’Asl To3 nel comune di Grugliasco, sottolinea come il medico di base gestisca “il paziente per il 95 per cento del tempo. Fare una diagnosi precoce non significa solo accorgersi della patologia, ma anche far capire al paziente l’importanza di assumere un determinato farmaco”. Una situazione delicata da gestire, che conferma la sensazione di Pentenero: “Il Piemonte, in questo campo, è sempre stata una regione innovatrice, ma ora non bisogna fermarsi nel mondo della sanità”, e in particolare nel caso di queste patologie.