L’8 maggio si terrà la nuova udienza di appello sul cosiddetto processo smog, che vede il comitato Torino Respira come parte civile contro le precedenti amministrazioni per i mancati provvedimenti nei confronti dell’inquinamento a Torino. Secondo Roberto Mezzalama, presidente del Comitato, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) sulla Terra dei fuochi, che ha sancito la responsabilità degli Stati nella tutela della salute dei cittadini, avrà un ruolo fondamentale per gli sviluppi futuri del processo.
Volevo chiederle un commento sulla sentenza Cedu: cosa cambia per Torino, e quali effetti avrà sul processo Smog e le altre cause in corso?
“Stiamo ancora facendo un’analisi dettagliata sul piano legale, però certamente avrà degli effetti per via del principio che sancisce: ovvero che gli Stati abbiano una responsabilità sulla tutela della salute dei cittadini in quanto diritto umano. Si tratta di un punto fondamentale, perché in altri casi simili non si era arrivati a una definizione così precisa di questo aspetto.
L’istruttoria è estremamente dettagliata, e di questo devo ringraziare il supporto dei comitati dei cittadini. Da questa istruttoria emergono una serie di altre problematiche: la linea di difesa delle amministrazioni è che loro hanno sempre seguito la legge. Quando intervisti un assessore, comincerà a sciorinare tutte le iniziative e i provvedimenti adottati senza citare nessun risultato. Il rispetto formale della legge, in ogni caso, non c’è. E questo è un problema che è trasversale a tutti i partiti.
La sentenza Cedu colpisce proprio questo aspetto: se ci sono provvedimenti, ma risultano inefficaci, l’amministrazione è comunque responsabile”.
In un articolo su Torino respira avete scritto che da quando avete presentato l’esposto che ha portato oggi al processo (2016) si sono verificate migliaia di morti dovute all’inquinamento. Di che numeri stiamo parlando?
“Noi non facciamo attività scientifica diretta, a parte il monitoraggio civico di qualità dell’aria. Le cito i dati pubblici del piano regionale sulla qualità dell’aria. Questi dati sono conosciuti dai politici. Il punto è capire quanti morti in meno ci sarebbero stati se fossero state adottate misure efficaci per migliorare la qualità dell’aria. Per questo i dati del piano vanno per incrementi di concentrazioni inquinanti per metro cubo di aria. Seguendo questo metodo, con una concentrazione di cinque mcg/m3 di pm 2.5 abbiamo 3502 morti premature in Piemonte nel 2019. Se prendiamo il diossido di azoto con una concentrazione di 10 mcg/m3 abbiamo nello stesso anno 2201 morti dovute all’inquinamento. Sono numeri rilevanti ed è questa la dimensione del problema. Passano sotto gli occhi dei politici e dei funzionari, che approvano questi documenti. Tranne pochissime eccezioni, vengono ignorati”.
A suo parere l’attuale amministrazione come si sta muovendo?
“Le indagini per il processo smog si dividono in due filoni: una pre-Covid e una post-Covid. Quella post-Covid riguarda anche l’attuale amministrazione. Se possibile, io vedo ancora meno capacità e coraggio di fare le cose rispetto alla precedente. Devo dare atto che nonostante i problemi organizzativi e, per così dire, politici dell’amministrazione Appendino, l’assessora alla mobilità Maria Lapietra aveva preso alcune iniziative rispetto al traffico, che è causa dei tre quarti dell’inquinamento cittadino. Si può parlare quanto si vuole dei fuochi artificiali, ma se non si affronta il problema del traffico non si va da nessuna parte.
Esempi su come affrontare questo problema li abbiamo a Bologna, che da quando è diventata città 30 chilometri all’ora ha visto un calo degli incidenti e la metà dei morti su strada. I livelli di diossido di azoto sono scesi del 29 per cento. A Parigi la velocità in tangenziale è stata abbassata a 50 chilometri orari. I livelli di percorrenza si sono abbassati di pochissimo, perché semplicemente non si formano più le code. I livelli di particolato sono scesi del 24 per cento, quelli di diossido del 13 per cento. Quindi non parliamo più di teoria: questi sono dati e sono una pistola fumante rivolta ai politici che non agiscono”.
Si può parlare di un problema di opportunità politica?
“I morti da inquinamento non li trovi riversi per strada in una pozza di sangue. Per questo si può fare finta che il problema non esista. C’è la persona anziana con problemi respiratori chiusa in ospedale e il camionista, al quale se chiedi di andare a 50 all’ora organizza una manifestazione sotto il comune. Anche per questo è fuori dal radar cognitivo dei politici. Questa è anche la ragione per la quale io credo che azioni come la sentenza Cedu, o le azioni come il processo Smog che abbiamo messo in piedi a Torino, siano indispensabili perché creano uno spazio per affrontare questi problemi per cui esiste una legge, che però la politica non affronta.
Un politico viene perseguito legalmente e quindi la prende sul personale. Ma in realtà queste sono tutte azioni che cercano di far avanzare lo stato di diritto, che dovrebbe essere una preoccupazione di tutti.
Due settimane fa il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato di voler dare mandato all’avvocatura dello Stato di impugnare la sentenza. Ricordo solo al ministro che il suo compagno di partito Nicola Cosentino è in carcere anche su questioni che riguardano l’infiltrazione della camorra nelle attività di smaltimento dei rifiuti. Quindi non c’è solo un problema di distrazione della politica (in linea con il contenuto di quelle dichiarazioni, il ministro ha annunciato il 19 febbraio la nomina di un commissario nazionale per la Terra dei fuochi, ndr). Nella Terra dei fuochi qualcuno, non pochi, ha guadagnato parecchio e ha mantenuto in piedi un sistema di consenso politico non indifferente. Da un lato c’è la scarsa attitudine culturale e capacità di vedere questo genere di problemi. Dall’altro c’è una quota, probabilmente non maggioritaria, della classe politica che da queste cose, da vicende come la terra dei fuochi, ha guadagnato potere e anche potere economico”.