L’avvocata torinese Barbara Porta è stata nominata presidente della commissione Human Rights della CCBE, il Consiglio degli Ordini Forensi d’Europa e nella mattina del 10 febbraio ha esposto nelle sale del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino i dettagli del suo nuovo incarico.
Secondo l’avvocata Daniela Giraudo, consigliera del Consiglio Nazionale Forense (CNF), si tratta di una scelta puntuale da parte della CCBE, arrivata dopo un lungo processo di selezione, visto che “l’attenzione dell’avvocata Porta per questo genere di diritti è singolare”. Entusiasta anche Simona Grabbi, presidente del Consiglio, secondo cui la nomina di Porta si pone in piena coerenza con il lavoro svolto dall’ordine qui a Torino.
L’avvocata Porta ha spiegato che “la commissione Human Rights si occupa delle questioni relative alla tutela della professione dell’avvocato nel mondo, con lo scopo di preservare l’indipendenza e l’integrità dell’amministrazione della giustizia e dello Stato di diritto”. Si tratta a suo parere di una questione centrale della vita democratica, visto che “se vengono tacciati gli avvocati chi ne paga le conseguenze sono i cittadini, che si vedono negata la possibilità di far valere i propri diritti tramite la giustizia”. La dimensione giurisdizionale dei paesi è un elemento fondamentale nella tutela dei diritti perché è “tramite la loro difesa che gli stessi vengono riconosciuti in capo ai cittadini, alle minoranze, ai soggetti discriminati”.
L’avvocata ha posto l’attenzione su quanto “i diritti umani siano veramente trasversali. In fondo qualsiasi settore del diritto attinge a questi, dal diritto al lavoro fino a quelli alla salute, alla casa, a un riconoscimento religioso e così via”. Per questo motivo difenderli è importante, ma affinché sia possibile la professione dell’avvocatura deve essere lasciata libera. A questo proposito, l’avvocata Porta è tra i tanti in prima linea sulla tematica degli avvocati in pericolo, la cui giornata cade ogni anno il 24 gennaio, in ricordo di avvocate e avvocati che vengono vessati, incarcerati o addirittura uccisi nel legittimo esercizio del loro lavoro. “Nella migliore delle ipotesi si parla solo di una sospensione temporanea dalla professione” spiega Porta, “ma le conseguenze possono essere ancora peggiori. Pensiamo al caso della Turchia, dove dal 2020 a oggi sono stati più di 550 gli avvocati condannati a pene detentive”.