In occasione dei 120 anni dalla nascita di Margaret Bourke-White, Camera – Centro Italiano per la fotografia di Torino ospiterà una mostra dedicata a quest’icona femminile, punto di riferimento per il panorama fotografico del XX secolo.
Sarà possibile visitare “Margaret Bourke-White. L’opera 1930-1960”, l’esposizione curata da Monica Poggi, da oggi, 14 giugno, al 6 ottobre 2024. Le 150 fotografie esposte in 6 sale ripercorrono il lavoro e la vita della fotografa, che ha raccontato le trasformazioni del mondo, pubblicando i suoi scatti su Life, la rivista illustrata più diffusa nel ‘900. Dall’Unione Sovietica, agli Stati Uniti, fino alla guerra, all’arrivo delle truppe tedesche nel campo di concentramento di Buchenwald e alla segregazione razziale: l’opera di Bourke-White sfida ogni limite, rendendola “Una delle voci più rilevanti della fotografia del ‘900: la sua capacità artistica si lega in maniera indissolubile alla volontà di andare oltre i limiti, le possibilità tecniche, le barriere politiche e culturali”, evidenzia Poggi. E infatti, nei suoi servizi, l’artista rappresenta i luoghi, le realtà, ma anche le persone, che Bourke-White racconta “Nel tentativo di dare una doppia prospettiva: c’è il soggetto, ma c’è anche chi gli sta di fronte. Fotografa la diga, ma anche gli operai insieme alle prostitute” prosegue Poggi.
Bourke-White viaggia spesso, va in Unione Sovietica – dove è l’unica corrispondente straniera – per documentare il piano quinquennale di ammodernamento industriale. “Diventa la narratrice di un mondo che per gli europei e per gli americani era sconosciuto. In un luogo inaccessibile alla maggior parte delle persone, lei sposa talmente tanto l’estetica e l’ideologia della macchina e dell’industria sovietica che viene trattata come una celebrità – spiega ancora Poggi –. Questo la porta a ottenere il permesso di fotografare Stalin. E ancora, a Mosca, nel momento in cui la Germania decide di infrangere il patto di non belligeranza stretto con l’Urss, a dispetto delle regole che vietavano di fotografare durante gli attacchi aerei, decide di nascondersi nell’ambasciata americana, di salire sul tetto e di scattare delle fotografie di nascosto”.
Il percorso della mostra – e quello della fotografa – si conclude con un ultimo servizio sulla segregazione razziale negli Stati Uniti. Viene realizzato a colori. È uno dei pochi: Bourke-White preferisce scattare in bianco e nero. Ed è l’ultimo grande lavoro dell’artista prima che lei cominci a non poter più fotografare a causa del morbo di Parkinson. “In tutto il suo lavoro c’è un fil rouge politico che racconta non solo la grandezza degli Stati Uniti, ma anche l’assoluta fiducia nel progresso, nell’industria e nell’evoluzione dell’essere umano”.
“Il giorno dopo la notte”: il dramma dell’incomunicabilità
E a fianco della mostra su Margaret Bourke-White, c’è l’esposizione di un altro fotografo contemporaneo, Paolo Novelli, che sarà ospitata da Camera fino al 21 luglio 2024. “La nostra idea è quella di mostrare le tante facce della fotografia e i vari modi in cui può essere usata – ha spiegato Walter Guadagnini , direttore artistico –. Un dialogo tra una grande maestra del passato e un autore italiano ancora giovane, la prima che gira per il mondo dando una visione molto eroica della fotografia, e il secondo che lavora nascosto, che sfida i limiti del linguaggio, dando un’altra visione della fotografia. Abbiamo voluto lavorare su questo contrasto e far vedere come, tramite la fotografia, si possano dire varie cose del mondo in modi molto diversi”.
L’opera di Novelli è essenziale, minimalista, e gioca sul contrasto e sul gioco di luci. Gli scatti sono realizzati ancora con l’analogica. Al centro, le finestre. Un elemento quasi banale e scontato, che però acquista potenza e valore nella produzione di Novelli, che rappresenta il silenzio, la solitudine e il tempo, che rimane sospeso. “L’incomunicabilità è il vero dramma della società di oggi. Siamo tutti dietro quelle finestre, o chiuse o murate, a cercare di capire di notte, e a cercare di scappare di giorno. Ma ci troviamo sempre davanti a questi impedimenti, a queste finestre cieche”, spiega Novelli.
Foto di copertina di Andrea Guermani.