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Quel legame tra il Piemonte e l’arte fiamminga

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Con l’apertura al pubblico da sabato 11 maggio, alla Galleria sabauda, del nuovo allestimento della collezione del principe Eugenio di Savoia Soissons, insieme ai capolavori della pittura fiamminga olandese, il Piemonte riscopre il solido legame con l’arte nordica. Un legame che affonda le sue radici già alla fine del Quattrocento, quando il marchese di Saluzzo Ludovico II chiamò alla sua corte il noto pittore fiammingo Hans Clemer, divenuto in seguito noto come il Maestro d’Elva. Per l’espressività delle sue opere, l’attenzione ai dettagli e il gusto drammatico tardo-gotico, Clemer portò nelle valli del Saluzzese opere di alto valore artistico, come la Madonna della Misercordia (custodita a Casa Cavassa a Saluzzo), la Pala della Misericordia (nella cattedrale di Maria Vergine Assunta) e il ciclo pittorico nella parrocchiale di Elva.

L’arte fiamminga del XV e XVI secolo

Oggi il filo sottile che unisce il Piemonte all’arte dei fiamminghi è suggellato dalla presentazione al pubblico di oltre 180 opere, che rendono la Galleria sabauda custode di una delle collezioni di pittura fiamminga e olandese più importanti d’Italia. Il percorso espositivo inizia con due sale dedicate alla pittura fiamminga del XV e XVI secolo, delineandone lo sviluppo attraverso due secoli, a partire dalla lezione dei grandi maestri del Quattrocento con il passaggio a una nuova visione della realtà, fino al sofisticato linguaggio del Manierismo internazionale del tardo Cinquecento. Con le opere di Jan van Eyck, Rogier van der Weyden, Hans Memling e Bartholomeus Spranger, Bernard van Orley, Corneille de Lyon e Lucas de Heere.

Hans Memling – La Passione di Cristo

La collezione del principe Eugenio

Dopo la prima parte del corridoio centrale, riservata al nucleo di nature morte italiane e fiamminghe del Seicento e del Settecento, si apre la collezione del principe Eugenio, alle quali si accede varcando il portale di colore grigio scuro che divide il corridoio, opposto simmetricamente a quello che separa, sullo stesso piano, la collezione Gualino.

Con la raffigurazione della Battaglia di Torino del 1706 si apre non solo idealmente la collezione, ma anche una fase storica cruciale per l’intera età moderna. La vittoria piemontese permise da un lato la trasformazione del ducato in regno e dall’altro l’affermazione definitiva di Eugenio di Savoia-Carignano-Soissons alla corte asburgica.

La collezione del principe Eugenio di Savoia Soissons, crediti Daniele Bottallo / Db Studio Agency per i Musei reali di Torino

Intellettuale raffinato e colto, il principe Eugenio radunò una straordinaria collezione d’arte, ospitata nelle sue dimore viennesi, il Palazzo di Città e la magnifica residenza extraurbana del Belvedere, immortalate nelle bellissime incisioni della serie Residences memorables de l’incomparable heros de nôtre siècle, eseguite su disegni di Salomon Kleiner e pubblicate tra il 1731 e il 1740. Eugenio morì a Vienna nel 1736, lasciando le sue ricchezze alla nipote Vittoria di Savoia Soissons, erede universale che mise in vendita l’immenso patrimonio. Grazie all’azione diplomatica del conte Luigi Malabaila, ambasciatore sabaudo a Vienna, il re di Sardegna Carlo Emanuele III riuscì ad acquistare la quadreria, che poteva vantare una magnifica selezione di opere dei più autorevoli maestri del classicismo seicentesco come Nicolas Poussin, Guido Reni e Francesco Albani, un importante nucleo di pittura fiamminga e olandese rappresentato da capolavori di Antoon van Dyck e da scene di genere, paesaggi, nature morte e soggetti sacri e mitologici di Jan Brueghel il Vecchio, Paul Bril, Gerrit Dou, Jan Griffier, Paulus Potter e David Teniers.

La collezione del principe Eugenio di Savoia Soissons, crediti Daniele Bottallo / Db Studio Agency per i Musei reali di Torino

Le altre opere

Il nuovo allestimento del secondo piano della pinacoteca prosegue con altre opere acquistate da Carlo Emanuele III nel 1737, quando ormai erano ben avviate le trattative per l’acquisto della collezione del principe Eugenio. Si tratta della raccolta personale di Giovanni Battista Bodissoni, residente a Venezia, membro di una nobile famiglia originaria di Bruxelles trasferitasi in Italia nella seconda metà del Seicento. Per dare seguito a tale acquisto, Carlo Emanuele III inviò a Venezia Claudio Francesco Beaumont, primo pittore di corte, al fine di valutare la qualità e lo stato di conservazione dei quadri.

Le collezioni sabaude si arricchirono di un altro notevole nucleo di opere olandesi e fiamminghe che contava ritratti, nature morte, scene di genere, storie sacre, dipinti di paesaggio e interni che ben documentavano lo stile e le tematiche della cultura figurativa nordica tra XVI e XVII secolo.

Gerrit Dou, Giovane donna alla finestra con un grappolo d’uva

Uscendo dalle sale dedicate alla pittura nordica, il percorso prosegue con le opere appartenenti a scuole italiane del Seicento che continuano l’esposizione al primo piano della Galleria. Testimonianza della pittura bolognese di tardo Seicento è la tela acquistata dal ministero della Cultura nel 2022 per le collezioni dei Musei reali, esposta per la prima volta, raffigurante Bacco e Arianna di Giovanni Antonio Burrini, artista documentato nel 1688 a Torino e impegnato in prestigiose commissioni.

Giovanni Antonio Burrini, Bacco e Arianna

La sala successiva è dedicata alla cultura artistica del ducato sabaudo, segnata nel Seicento da un importante rinnovamento illustrato dalle opere di alcuni dei maggiori protagonisti della scena artistica piemontese. La sala conclusiva del nuovo allestimento è invece dedicata alla pittura al femminile tra Cinquecento e Seicento.

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