Cullare un senso di comunità, dare spazio alle minoranze, formare nuove leve. Sono queste gli argini per salvare il giornalismo investigativo nei prossimi anni. Lo hanno spiegato Rozina Breen, direttrice e ceo di The Bureau of Investigative Journalism, Ron Nixon, VP news dell’Associated Press e Tracy Weber, direttrice di ProPublica, moderati dalla vicedirettrice di ProPublica, Alison Fitzgerald Kodjak.
ProPublica: costruire reti locali
Oltre al sostentamento di una sezione giornalista assai dispendiosa a livello tanto economico quanto temporale, la prossima sfida dell’investigative journalism è costruire una comunità e raggiungerla con mezzi ibridi. Un po’ digitali, un po’ tradizionali. Un esempio lo fornisce Weber che con ProPublica ormai conta un centinaio di giornalisti su tutto il territorio statunitense e fa leva su un budget di 545 milioni di dollari, frutto di crowdfunding di micro donazioni. “Quando parte un’indagine, pensiamo alle persone con cui parlare, chi sono, in che modo impegnarle. In un caso di abusi di aziende lattiero caseari nel Sud del Paese, abbiamo sfruttato una pubblicazione sul sito web, ma per arrivare ai lettori potenzialmente interessati, abbiamo anche distribuito degli opuscoli fra i negozi di prossimità”.
ProPublica, inoltre, sta sfruttando anche una rete di segnalazioni da parte dei cittadini. Come indica Weber, “molti giornali locali, radio, televisioni, hanno perso capacità di fare indagini. Delle migliaia di presentazioni di idee che riceviamo, ne scegliamo solo una manciata all’anno che vengono sostenute per un anno con la copertura di avvocati, team di ricercatori e tutto il necessario. A volte le storie vengono sviluppate con un pezzo radiofonico, altre volte in formato televisivo o web”.
Infine, Tracy sottolinea come il ruolo più complesso in una redazione di giornalismo investigativo è quello di “redattore senior, sotto cui ci sono 5 o 6 giornalisti, ognuno dei quali porta avanti un progetto ad alto rischio e stressante. Ma in molte redazioni, ormai è proprio difficile trovare giornalisti investigativi, anche in ragione di una carenza di formazione”.
Spazio alle competenze
Quali competenze si ricercano nel giornalismo investigativo? Secondo Rozina Breen, “servono abilità nello storytelling, probabilmente una laurea, che però non è un’esclusiva di competenze e abilità. Non possono però mancare un lungo background di investigazione alle spalle e creative risk nella costruzione di una storia. Bisogna essere aperti, dare risalto alla cultura e alla collettività”. Chi lavora nel Bureau of Investigative Journalism, che sta puntando a una svolta digitale (a giugno è previsto un podcast), è un team di 40 persone. Il 50% dell’ala senior è composto da donne nere.
Poco importano sesso, genere ed età. Come racconta Ron Nixon, “I giornalisti devono conoscere il territorio, le regioni di cui si occupano. Devono intercettare la lingua, la cultura e la comunità di riferimento. In passato questa attenzione è mancata: i giornalisti venivano paracadutati a seguire indagini senza conoscere quello che li circondava”. Ecco perché Associated Press, che ha reporter in ogni continente (eccetto l’Antartide), ha deciso di spingere “sulle indagini in Paesi come la Cina o macro aree quali l’Africa australe e continentale. Dobbiamo intercettare le problematiche di quei luoghi parlando con le persone del posto”.
Consigli per il futuro del giornalismo investigativo
“Il talento resta la qualifica più importante – sostiene Nixon -, ma bisogna allargare il bacino di riferimento da cui attingerlo. Dobbiamo guardare oltreoceano, alla diversità dei redattori, aprendo a donne, giovani da formare e persone nere. Non esistono unicorni, giornalisti migliori di altri, ma professionalità più adatte alle esigenze di una redazione rispetto ad altre, come i documentaristi”.
L’appello di Kodjak, infine, è di salvare il giornalismo investigativo guardando “con coraggio, passione e affidabilità. È costoso, ci vuole tempo ed è stressante e non va incontro ai ritmi dei quotidiani. AServe preservare un’ottica a lungo termine, anche oltre il semplice anno di finanziamento dei vari progetti”. A seguirla a ruota c’è ancora Nixon: “Se non lo salviamo noi, nessun altro lo farà. Il racconto del mondo passa da noi e le prossime generazioni di giornalisti investigativi non possono essere abbandonate a sé stesse: vanno accompagnate e noi leader dell’informazione dobbiamo assumercene le responsabilità”.