Oggi, martedì 20 febbraio, è stato inaugurato il nuovo anno accademico del Polo universitario per studenti detenuti presso la casa circondariale “Lorusso e Cutugno”. Nell’occasione, è stata firmata la nuova Convenzione tra Università, Casa circondariale e Uiepe (Ufficio interdistretturale di esecuzione penale esterna) relativa al triennio 2024-2026, ed è stato annunciato anche il nuovo Delegato del Rettore per il Polo studenti detenuti. Questo, infatti, è l’ultimo anno in cui la carica sarà coperta da Franco Prina; a partire dal prossimo anno, il ruolo andrà a Rocco Sciarrone, professore ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università di Torino.
A Torino, il Polo Universitario arriva 40 anni fa. In questo senso, la casa circondariale “Lorusso e Cutugno” fa da apripista per gli altri istituiti italiani. “Da tutta Italia volevano venire a Torino: qui c’erano condizioni che si trovavano in pochi altri istituti e università in Italia”, sottolinea Franco Prina. La prima facoltà è quella di Scienze politiche, che nasce nella prima metà degli anni ’80. Poi arriva Giurisprudenza. Il Polo Universitario in sé però viene istituito formalmente nel 1998.
“Vogliamo offrire opportunità e strumenti affinché il tempo di reclusione sia produttivo e affinché l’uscita dal carcere permetta alle persone di riprendere di nuovo in mano la propria vita e di evitare la recidiva, presentandosi come qualcuno di diverso, che non è solamente ciò che ha fatto”. Nella casa circondariale Lorusso e Cutugno ci sono 22 corsi di laurea tra cui scegliere: 13 triennali e 8 magistrali, oltre al corso a ciclo unico di Giurisprudenza. E per gli studenti magistrali sono previste anche 22 borse di studio. “Lo studio è un percorso di liberazione che ci accomuna tutti, dentro e fuori dal carcere — commenta il consigliere regionale Domenico Rossi —. Abbiamo bisogno di tenere viva la comunicazione e fare in modo che la società sia pronta a riaccogliere le persone che escono dai carcere. Siamo in un momento storico in cui rischiamo di fare dei passi indietro. L’occuparsi dei diritti dei detenuti a volte viene visto quasi come una colpa”.
Gli studenti del Polo universitario per studenti detenuti
A oggi, gli iscritti del Polo universitario per studenti detenuti sono 121. Di questi, 100 sono in detenzione e sono divisi tra 8 istituti (Torino, Saluzzo, Asti, Biella, Ivrea, Fossano, Novara e Roma), 2 si trovano in Rems (Residenze per l’esecuzione di misure di sicurezza). 51 studenti sono in regime detentivo di media sicurezza, 46 di alta sicurezza, 3 sono al 41bis e 21 si trovano in regimi alternativi o a fine pena. E se l’anno scorso, in tutti e 44 gli istituti italiani che dispongono di un’offerta universitaria erano 1450, quest’anno sono 1700. Negli ultimi 5 anni, il numero di iscritti è triplicato.
Le ragioni per cui le persone detenute scelgono di intraprendere un percorso universitario sono le più svariate. “Sono al quinto anno di Giurisprudenza — racconta Riccardo, 69 anni —. Nel 2008, dopo anni di reclusione, ero uscito dal carcere. Ma non ero riuscito a trovare né un lavoro, né un contesto in cui fosse possibile un riscatto. Sono un ex militante delle Brigate Rosse. Nella mia vita ho subìto e combattuto lo Stato. Adesso spero di potermi laureare e di riuscire a entrare in un’aula di giustizia come avvocato per difendere gli altri”. Per altri, invece, l’università è un’alternativa per migliorare la propria situazione: “Il carcere è strutturato in vari blocchi. Quello dove si studia è quello in cui si sta meglio — spiega Riccardo, 45 anni —. Io frequento il corso di laurea in Dams (Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo). Sono all’ultimo anno, mi laureo a settembre. In passato avevo studiato Filosofia, ma avevo abbandonato gli studi prima di laurearmi. Per un periodo ho lavorato come regista e adesso studio cinema. So che questo nuovo percorso non mi darà molti sbocchi da un punto di vista lavorativo. Probabilmente, se non fossi in carcere, non l’avrei scelto. Studiare qui dentro è completamente diverso. Si tratta di un programma costruito in base a quella che è la situazione delle persone detenute. Ma chi gestisce il tutto fa il possibile per fare in modo che le cose funzionino”. Anche Gianni, 46 anni, frequenta il corso di Dams: “Ho girato vari istituti. In precedenza non era così semplice avere accesso agli studi. Non tutte le carceri offrono questo tipo di opportunità. Per un periodo sono stato a Bollate, in Lombardia. Lì facevo il telefonista e in più avevo cominciato a studiare Scienze dell’educazione. Ero iscritto alla Bicocca. Spesso andavo a lezione o in biblioteca. Poi sono arrivato a Torino e ho dovuto cambiare facoltà. Ho scelto il Dams perché mi sembrava affine a ciò che avevo studiato in precedenza. Qui le lezioni sono principalmente online. Studiare mi dà la possibilità di avere degli strumenti che mi servono per la crescita personale, ma anche per ripensare alla mia esperienza. Grazie alla cultura ho scoperto un nuovo Gianni”.