La situazione non è buona. Al di là delle professioni di ottimismo di sindaco di Torino e presidente del Piemonte, i numeri presentati da Luca Davico, docente di sociologia urbana al Politecnico di Torino e coordinatore del Rapporto Rota, in occasione del confronto tra l’arcivescovo di Torino Roberto Repole, il primo cittadino Lo Russo e il governatore Alberto Cirio, sono piuttosto chiari. Nella serata di martedì 16 gennaio 2024, infatti, Davico ha raccontato, senza poterle proiettare adavanti alla platea, una serie di visualizzazioni dei dati da lui elaborati. Ora, sul sito della Diocesi di Torino, le slide sono integralmente disponibili, così come il video della serata, ma le trovate anche qui sotto.
Davico ha illustrato i dati su tre grandi nodi che toccano Torino: il calo demografico, lo stato dell’economia e del lavoro, le disuguaglianze sociali. La prima e nota emergenza è infatti il forte invecchiamento della popolazione, dovuta non solo al calo delle nascite, problema generalizzato dell’Europa in generale e dell’Italia in particolare, ma anche alla riduzione dell’apporto degli stranieri e soprattutto alla tendenza a perdere la fascia più giovane della popolazione a beneficio di altre città del Nord, oltre che dell’estero. “È un problema – ha spiegato Davico – particolarmente accentuato a Torino. In Italia c’è un magnete attrattivo sull’asse Torino-Bologna a cui si aggancia Firenze e parte del Nord Est, un Mezzogiorno che patisce il forte esodo di giovani e soprattutto di giovani talenti, mentre Torino e Genova si collocano a metà, nell’anello di congiunzione. Torino ha infatti una forte capacità di attrazione di popolazione universitaria da altri Paesi ma sopratutto dal Sud Italia, che però poi perde una volta laureati. Tanto che tra le 15 città metropolitane italiane Torino è quart’ultima per numero di giovani laureati”.
Il nodo economia e lavoro. “In termini di saldo di imprese nel periodo tra il 2008 e il 2019 – ha detto Davico – Torino è quella che è andata peggio tra le città metropolitane italiane, con la sola eccezione di Messina. In termini di valore aggiunto, invece, nel 2021 Torino si collocava ancora a metà della lista delle 15 città metropolitane”. Si fa sentire, fortemente, il progressivo disimpegno del gruppo Stellantis, ex Fca, dal contesto torinese, ha proseguito Davico: “Mettendo insieme diverse fonti sul declino, anzi sulla sostanziale estinzione del gruppo Fiat dalla nostra realtà, se andiamo a vedere i dipendenti del gruppo, oggi sono la metà di quelli che erano dieci anni e ancor più si è ridotto il numero di veicoli prodotti. Rispetto al complesso del Gruppo Stellantis nel mondo il polo torinese oggi rappresenta l’1,4% degli occupati”. Nonostante questo Torino resta di gran lunga la prima città metropolitana italiana per numero di addetti nel settore automotive, grazie al fatto che molte aziende sono ormai autonome da Stellantis; inoltre è al secondo posto in Italia per addetti dell’aeropsazio (dopo Napoli) e al quarto per addetti dell’Ict, mentre è all’ultimo per occupati del turismo.
In generale, l’occupazione, pur in calo, non è crollata – anche in questo caso Torino è a metà classifica tra i maggiori centri – ma mostra evidenti diseguaglianze a seconda delle fasce di età. I giovani al lavoro sono sempre meno, infatti, con un tasso di occupazione che dal 2005 al 2022 è sceso da oltre il 34% a meno del 20%.
Infine il nodo disugualianze: se Torino è a metà classifica rispetto all’indice di Gini sulla popolazione complessiva, in certe aree (a nord di corso Regina Margherita) e in certe fasce di età (i più giovani, ancora) la sperequazione è molto più forte. “Negli ultimi dieci anni sono cresciute fasce alte e basse di reddito, si sono assottigliate quelle medie”. Va evidenziato, dice ancora Davico, che la crescita, come confermato da studi recenti, non è garanzia di riduzione delle diseguaglianze. E per i giovani, il nodo maggiore è la precarietà: “Su quattro giovani a Torino – conclude Davico – tre sono precari. E questo ha un forte impatto su progetti di famiglia e natalità”.