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Alessandria, nasce il Centro antiviolenza “Marielle Franco”

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“Le rose della resistenza nascono dall’asfalto. Siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parlano dei nostri luoghi di vita e resistenza contro gli ordini e soprusi che subiamo”. Queste parole sono attribuite a Marielle Franco, attivista, sociologa e consigliera comunale brasiliana che ha fatto delle sue identità di donna nera, lesbica, femminista un manifesto politico, e che è stata uccisa a Rio de Janeiro il 14 marzo 2018 con alcuni colpi di pistola alla testa. A lei e al suo impegno politico è stato dedicato il nuovo centro antiviolenza aperto dalla Casa delle donne TFQ di Alessandria, inaugurato mercoledì 10 gennaio.

Marielle Franco si definiva “cria da Marè”, “figlia della marea”. Era originaria dell’omonima favela a nord di Rio de Janeiro, e proprio per difendere i diritti della sua comunità, quella nera e povera delle favelas, militava nel Partito Socialismo e Libertà (Psol). Conosceva bene la complessità delle discriminazioni che possono vivere donne, persone marginalizzate e soggettività non conformi. 

Il movimento Non una di meno che è arrivato ad Alessandria nel 2017 ha fatto sua questa sensibilità. Unendosi al grido del movimento, “siamo marea che non si fermerà: vogliamo diritti e libertà”, contribuisce alla diffusione della giustizia di genere in vari Paesi del mondo. “In questi anni ha creato momenti di ragionamento e confronto sui temi della violenza spazi di conflitto e mobilitazione contro provvedimenti machisti e sessisti – afferma Nudm Alessandria in un comunicato – ma anche luoghi di accoglienza e ascolto per donne e soggettività femminilizzate costrette a convivere con le più varie forme di violenza”. 

Per la Casa delle donne alessandrina, “il lavoro dei centri antiviolenza è il principale antidoto per le donne che subiscono violenza”. Troppo a lungo la società “ha considerato – e troppo spesso continua a considerare – la subalternità femminile come qualcosa di naturale e scontato”. Alla subalternità, le operatrici del nuovo Cav oppongono il carattere indomito e scomodo di Marielle Franco. “È stata uccisa perché scomoda: attivista femminista, nera e lesbica – dice Lorena, operatrice del centro e attivista – rappresenta lo spirito della Casa delle donne di Alessandria”. L’iniziativa è stata pensata un anno fa: “Dal 2017 forniamo lo sportello legale, salute, sindacale alla Casa delle donne – racconta Lorena – ma ci siamo rese conto, soprattutto durante i mesi del Covid in cui erano attivi gli portelli telefonici, che la maggior parte di richieste riguardavano situazioni di violenza. Così ci siamo poste il problema di come contrastare il fenomeno. La risposta ovvia è stata: aprire un centro. Ma era altrettanto ovvio che non fosse così immediato. C’è voluta tanta formazione, e anche ragionamento politico”.

Il nuovo Cav dispone di operatrici formate, alcune con molti anni di esperienza alle spalle, che sono a disposizione per consulenze telefoniche al numero 3513629504, ma anche colloqui e incontri. Le figure di riferimento che è possibile intercettare nel centro si occupano, tra le altre cose, di consulenze legali, psicologiche, e sindacali. Inoltre, il Centro delle donne di Alessandria mette a disposizione uno spazio dove poter lasciare i bambini e le bambine durante i colloqui.

Il comune di Alessandria conta più di 90mila abitanti e ha un centro antiviolenza gestito da Me.Dea, così come quello del vicino comune di Casale Monferrato. A livello provinciale il territorio conta circa 410mila persone. L’Italia si è impegnata a raggiungere l’obiettivo previsto dalla raccomandazione Expert Meeting sulla violenza di genere del Consiglio d’Europa sulla violenza contro le donne del 1999 che auspicava la presenza di “un centro antiviolenza ogni 10mila persone e di un centro d’accoglienza (o casa rifugio) ogni 50mila abitanti”. Ma come dimostra il caso dell’area alessandrina, il rapporto in molte regioni italiane non è rispettato.

Il centro Marielle Franco intende contribuire alla quantità delle richieste di aiuto provenienti dalla cittadinanza inserendosi in una rete di supporto costituita anche da altri attori. “Il Cav sorge all’interno della Casa delle donne, ma non vogliamo porci come un ente a sé stante – dice Lorena – Abbiamo contatti con l’ospedale, la questura, la cooperativa sociale Il Gabbiano, tra gli altri. È l’approccio più funzionale per le donne che si rivolgono al centro, perché possono accedere a una rete di contatti”.

Rispetto alla violenza maschile contro le donne l’Italia registra, purtroppo, record preoccupanti. Nel 2013 la Repubblica italiana ha ratificato la Convenzione di Istanbul, trattato siglato per combattere la violenza di genere, che fissa degli standard minimi di protezione, prevenzione e condanna di questo tipo di abusi. La convenzione prevede anche che gli Stati dispongano di centri specializzati per offrire supporto immediato, di breve e lungo periodo. Nel report sui Cav (centri antiviolenza) uscito lo scorso novembre, l’Istat afferma che nel 2022 è aumentata l’offerta di questo tipo di centri: in totale sono 385 +3,2% rispetto al 2021, +37% rispetto al 2017 (primo anno in cui è stato avviato questo tipo di indagine). Ma anche se ci sono segnali positivi, l’Italia non è all’altezza degli accordi internazionali, mentre le richieste di aiuto da parte delle donne sono in aumento: nel 2022 le persone che hanno contattato almeno una volta i centri antiviolenza sono state 60.751 (+7,8% rispetto al 2021). Il numero totale dei contatti nel 2022 è pari a 105.129, in aumento del 4,9% rispetto all’anno precedente.

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