La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

I flussi continui tra social e tv

Scienza, cucina, sport. Sui social network questi temi perdono parte delle loro connotazioni tradizionali, modificando il proprio linguaggio e rivolgendosi a un target sempre più ampio. Il mondo della comunicazione ha subito una rivoluzione che ha comportato un venire meno del confine netto che divideva la tv dai social. Sono cambiati i tempi: da un lato la comunicazione oggi è quasi istantanea e dotata di un’esistenza brevissima, dall’altra la sua vita si allunga perché una trasmissione televisiva sopravvive i giorni successivi grazie alle piattaforme OTT. “Coordinate”, il tema della dodicesima edizione del Festival della tv di Dogliani, intende fare il punto, con uno sguardo al presente e uno alle tecnologie future per mettere ordine a una realtà spesso di non facile comprensione.

“Il tempo sui social sto iniziando a sentirlo un po’ stretto, preferirei andare più in profondità nelle mie spiegazioni. È un fattore presente nella televisione, che però in Italia ha bisogno di rinnovare la sua programmazione”. Così Andrea Moccia, geologo e direttore editoriale di Geopop. Pagina dagli oltre sei milioni di follower sulle piattaforme online, è una finestra di divulgazione scientifica. Nata nel 2018 è in piena espansione: conta due milioni e mezzo di seguaci su Facebook e il rullino segna aumenti medi mensili di 200mila follower a botta. Anche su TikTok con i suoi 1,7 milioni di seguaci, a fronte di video lunghi, dalla durata persino di dieci minuti.

“Siamo un unicum in Italia, un caso di studio – afferma Moccia -. Parliamo di disastri naturali, idrogeologici o terremoti in modo tecnico, eppure la gente ci segue”. Un’offerta ben distinta dalla classica tv che certo “crea attesa e legame con lo spettatore”, ma spinge sull’emotività o l’estremizzazione delle calamità. Reel, post e storie “che devono essere sempre prioritari sulla forma”, puntualizza Moccia. Contenuti che pagano, letteralmente, dato che dal 2020 Geopop è una srl legata al gruppo mediatico Ciaopeople. Ecco perché “abbiamo dieci persone assunte: sei divulgatori scientifici, un videomaker e tutto il comparto social media management”. Dietro alla struttura, comunque, c’è attenzione al linguaggio e allo storytelling (“l’idea della storia è la parte più importante per noi”), nonché tanta voglia di espandersi nel mercato. Al punto da pensare di fare video in inglese oppure in spagnolo poiché “all’estero mi sono accorto che c’è molta attenzione verso l’informazione scientifica”, dice Moccia.

Vincenzo Piscopo, director degli studios di Ciaopeople, sostiene che uno show televisivo senza una parte digitale non sia più pensabile: “Il programma ha la prima serata, il resto lo vedi sui social”. I social sono diventati fondamentali anche all’interno del panorama dei programmi televisivi. La comunicazione digital fa parte della stessa fruizione della trasmissione. Secondo Vincenzo Piscopo, infatti, bisogna allargare il concetto di visione digitale perché questa in molti casi concorre al successo del programma. Nella sua progettazione vengono inseriti contenuti utili per il digital. Prima era un fenomeno casuale, ora è strutturale, progettato. Sono pezzi prodotti direttamente per i social, dove trovano vita più lunga e creano interesse.

Un caso esemplare in questo senso è l’esperienza di Masterchef: Edoardo Franco, al primo posto nell’ultima edizione, ha avuto un successo social che va al di là della vittoria. Franco è famoso anche per essere quello con le camicie estreme o quello che si è fatto tagliare i capelli da Barbieri in piazza Duomo. “In Masterchef sono uscito per quello che sono ed è per questo che sono riuscito ad arrivare a così tante persone”, spiega. Franco su Instagram è passato da poche decine di follower ai 190mila attuali. “Dal montato potevamo immaginare che Edoardo diventasse un fenomeno social – dice Piscopo sull’importanza di prevedere eventuali trend -. Abbiamo dovuto gestire e conoscere come valorizzare ciò che avevamo in mano”.

Anche il calcio non è rimasto immune al fenomeno social. Lo dimostra bene il caso di Cronache di spogliatoio, fondato da Giulio Incagli. “A differenza della Tv generalista – dice Incagli – noi ci accendiamo solo quando ha senso. Nasciamo per traghettare il giornalismo dai media tradizionali ai nuovi media, la generazione Z è leader del giornalismo in Italia. Vogliamo trasformare l’immagine del giornalista che compare in televisione da un ‘braccio che chiede qualcosa’ a uno che si siede sul divano e racconta quello che c’è oltre il campo. Con i social puoi creare un brand riconoscibile attraverso cronaca, fiducia e credibilità”. Un mezzo per Incagli è la “Reelleria”: l’estrapolazione di piccoli frammenti video da lunghe dirette social. Un fattore che funziona anche sui programmi sportivi di Amazon prime e Dazn, come spiega il telecronista Pierluigi Pardo.

“Con i social il racconto della partita non è cambiato – dice Pardo – ma c’è la necessità di alzare il livello. Bisogna dare attenzione alla contemporaneità, non limitarsi alla partita perché, come dice Mourinho, chi sa tutto di calcio non sa niente di calcio. Attraverso i canali social puoi lasciare dei contenuti che poi la gente può recuperare”.

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