“La letteratura si prende cura dell’anima prendendosi cura della parola, come fa Griffi nel suo romanzo”, così il critico letterario Filippo Laporta descrive il romanzo “Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi al Salone del libro di quest’anno. Un “romanzo romanzo”, come dice Laporta, nel quale l’autore dà forma al caos dell’esperienza, avendo un dominio assoluto sulla sintassi e sul lessico.
La storia editoriale di “Ferrovie del Messico” è edificante. Il libro, presentato un anno fa dalla piccola casa editrice Laurana proprio al Salone del libro, ha esordito con solo 168 copie per ogni libreria d’Italia. Oggi, sono migliaia le copie vendute del romanzo, tra i dodici candidati al premio Strega. All’origine del successo di “Ferrovie del Messico” il passaparola. Infatti, appena pubblicato, quelle poche persone che erano riuscite ad acquistarlo, hanno iniziato a parlarne con amici, parenti, conoscenti e da lì la macchina è partita. “Senza i lettori e i librai, probabilmente non saremmo nemmeno qui a parlare. Io ero sicuramente uno scrittore, un autore del tutto sconosciuto. Alla fine, però, sono stato ripagato per la mia passione”, racconta Gian Marco Griffi. Insieme a lui, tra i protagonisti di questa avventura editoriale, Giulio Mozzi. “Non so”, ripete più volte quando ricostruisce quello che è successo, come se non riuscisse a spiegarselo. Dopo la nomina della trasmissione Fahrenheit su Radio3 di “Ferrovie del Messico” come libro dell’anno, poi, “è successo il delirio”, confessa ancora incredulo.
Nella vita Griffi lavora in un circolo di golf tra Asti e Alessandria. Proprio per questo, forse, invece che scrivere un autofiction, come molti autori italiani contemporanei, ha preferito raccontare una vicenda di gente comune, raccontando una pagina della storia italiana, quella della Seconda guerra mondiale e della Repubblica sociale di Salò. “È un periodo storico che volevo raccontare, ma in modo totalmente immaginario, in alcuni casi persino fantascientifico”, spiega Griffi, che nel suo libro introduce alcuni elementi estranei al contesto storico narrato, dalle penne a sfera a un computer.
“È un romanzo diverso da molti altri romanzi italiani contemporanei. Qui il 1944 è un luogo immaginario e d’invenzione”, dice Alessandro Barbero, che ha proposto il libro al premio Strega 2023. Il nome del romanzo, invece, trova motivazione in Marcel Proust e dalla scoperta che l’autore era interessato in titoli ferroviari esteri. Possedeva titoli ferroviari dell’Australia e del Messico.
Sul premio Strega, in attesa dei nomi dei cinque finalisti, l’autore ammette: “Per il Premio Strega è già stato moltissimo arrivare nei dodici. È stato bello, divertente. Adesso vedremo il 7 giugno quello che succederà, ma alla fine va bene tutto e io sono già contento così”.