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Giusta (Torino Pride): “Omolesbobitransfobia in aumento”

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Tre suicidi e tre omicidi in 12 mesi, almeno 200 storie d’odio intercettate. Sono i numeri del rapporto Arcigay sulle discriminazioni contro la comunità Lgbtqia+ usciti oggi, in occasione della Giornata mondiale dell’omolesbobitransfobia, che fanno luce sulla drammatica sistematicità del fenomeno. Abbiamo provato ad interpretarli con Marco Giusta, coordinatore del Torino Pride.

Il report di Arcigay fotografa lo stato delle discriminazioni contro le minoranze sessuali e di genere in Italia. Uno scenario drammatico: si parla di “ferocia senza precedenti” e del fatto che non sono “mai stati contati tanti morti” in Italia. Cosa puoi dirci di più?

“I dati dimostrano una recrudescenza del fenomeno dell’omofobia della lesbofobia della transfobia e dell’afobia. Io preferisco sempre utilizzare la sigla per esteso, perché questo tipo di oppressione ha radici comuni ma poi ciascuna ha delle peculiarità specifiche, soprattutto in caso di discriminazioni multiple. 

Questa recrudescenza va inquadrata all’interno di una situazione più ampia, a mio avviso. Noi sappiamo da sempre che ogni avanzamento della società civile porta con sé fenomeni di resistenza, che molto spesso si esprimono in modo violento. Questi dati sono anche, però, una cartina di tornasole della volontà delle persone che subiscono queste discriminazioni di denunciarle e segnalarle. E questo è l’unica cosa, diciamo così, positiva. Le persone non sono più prone a subire violenze. Si è attivato un meccanismo di denuncia e segnalazione che fa fa partire processi giudiziari ma porta anche un cambiamento nell’opinione pubblica.”

Le trasformazioni culturali sono processi lenti. Lo sono tanto più se la congiuntura storico-politica è poco favorevole. Che effetto ha il conservatorismo del governo Meloni sulle battaglie della comunità Lgbtqia+?

“L’omofobia istituzionale è evidentemente aggravata. Attraverso l’apertura nello spazio pubblico della possibilità che alcune discriminazioni e giustificazioni contro le persone [della comunità Lgbtqia+, ndr] abbia dignità di esistere. Questa discriminazione istituzionale va ad aggravare una situazione già complicata. Chi cova dentro di sé le radici della discriminazione di genere e sessuale si sente giustificato, nel giusto, addirittura. Solo finché c’è un argine che fa capire che quel tipo di azioni è sbagliato abbiamo una speranza di cambiamento.”

Cosa si può fare per creare una società più giusta nei confronti della comunità Lgbtqia+? 

“Viviamo in una società omofoba, perché di omofobia siamo impregnati culturalmente. Dobbiamo liberarcene. Per farlo occorre cambiare i presupposti della società, ma le modalità per farlo sono le più osteggiate, ovvero l’educazione affettiva, sessuale e di genere all’interno delle scuole. Questa è la parte che manda sempre tutti in crisi. Ci sono elevate resistenze, addirittura si è arrivati ad inventare questo fantasma della ”ideologia gender” che dovrebbe colpire gli studenti e le studentesse. Viene agitato come uno spauracchio per bloccare il processo di cambiamento.”

C’è chi dice che alcune forme di attivismo sono esagerate, che non c’è tanto da lamentarsi, che le cose stanno cambiando. Forse è vero, ma certe trasformazioni non si verificano di punto in bianco. Cosa può favorire questo cambiamento?

“Se le battaglie femministe e transfemministe vincessero domani, automaticamente avremmo risolto il problema, perché sono tutte parte dello stesso meccanismo. Ci sono tante realtà, associazioni, singoli, collettivi, diverse modalità della società civile di creare aggregazione. In questo modo si resiste. È importante offire spazi di dialogo, di presa di coscienza, di autocoscienza, di raccolta dati e informazioni e di servizi messi a disposizione della comunità Lgbtqia+.”

Quale è la situazione a Torino?

“A Torino alcune realtà sono sostenute da fondi dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). Penso al progetto “To-housing” di Quore che offre casa a persone Lgbqia+ che sono state sbattute fuori casa dalle loro famiglie che non li accettavano. Penso allo sportello “PorTO sicuro” gestito da Circolo Maurice, Arcigay e Almaterra, che hanno ricevuto finanziamenti Unar che dovevano essere retierati. Invece è un anno che si sta aspettando ma questo bando non è ancora arrivato. Come mai quei soldi, che sono bilancio dello stato grazie a un emendamento che fu presentato dall’allora senatrice Maiorino, non sono ancora stati finanziati? Quesi servizi agiscono in sussidiarietà con le istituzioni, è importantissimo che siano presenti sul territorio, così come è importante siano presenti gli sportelli di mutuo aiuto, penso ad Agedo e al suo lavoro con le famiglie ma anche tante altre specificità come la Collettiva Lato B. Però queste cose non possono sempre gravare sulle spalle del volontariato né sulle persone che sono oppresse da quella matrice sistemica. Bisognerebbe che se ne facesse cura e carico l’intera società. “

Manca un mese alle celebrazioni del Pride, il 17 giugno 2023. Se dovessi situarlo nell’attualità che abbiamo appena descritto, che valore gli attribuiresti? 

“Ha una valenza buona per tutte le stagioni, che è quella della visibilità delle persone non conformi per orientamento sessuale, identità di genere, modo di vestire, modo di interpretare il mondo, queerness, disabilità, neuro-divergenze, colore della pelle… il Pride è uno spazio in cui puoi essere te stessu. Puoi respirare questo essere te stessu all’interno di uno spazio più sicuro e protetto di altri, per via della moltitudine, in cui ti senti parte della comunità. Questo credo che sia l’elemento cardine del Pride, che è sì una revocazione storica di un gesto di rivolta ed è sì una sfilata piena di energie attraverso la città, ma il punto è il contesto. Un contesto che riunisce la comunità Lgbtqia+ e le persone alleate all’interno di un’idea di ciò che la quotidianità potrebbe essere. 

Noi quest’anno proviamo a spostare il Pride andando a conoscere e risvegliare l’orgoglio in altri quartieri rispetto al centro della città [si parte dal quartiere Aurora e si arriva al Parco del Valentino, qui per scoprire il nuovo percorso, ndr]. Abbiamo provato a farlo in punta di piedi, andando a chiedere alle reti e alle associazioni di quel territorio di portare le loro istanze nella piazza, nei nostri discorsi, nella rappresentazione. È un meraviglioso megafono di tante persone e tante realtà, in cui si assume una visibilità di lotte, istanze e questioni, molto difficilmente replicabili. Di fatto i Pride sono la più grande manifestazione laica in Italia.”

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