Intelligenza artificiale e metaverso, digitalizzazione e sostenibilità. Sono questi i temi che sono stati toccati il 16 maggio, nell’aula magna di Lingotto del Politecnico di Torino, nel corso della terza edizione degli Stati generali mondo del lavoro dell’innovazione.
Nella promozione dell’innovazione la città di Torino riveste un ruolo eccezionale. A ricordarlo è stata proprio Chiara Foglietta, assessora alla transizione ecologica e digitale e all’innovazione, intervenuta dopo il rettore del Politecnico Guido Saracco. Torino, infatti, è stata una delle prime città ad avere una Casa delle tecnologie emergenti. Realizzata in corso Unione Sovietica, vuole essere un punto di riferimento per tutte le start up, ma anche le piccole e medie imprese che vogliono creare, in ambito urbano, una reale innovazione a partire dal 5G. Non solo. Il capoluogo piemontese, insieme ad altre otto città italiane per un totale di cento città a livello europeo, è tra le “Mission cities” che hanno deciso di fare da apripista, impegnandosi a raggiungere l’obiettivo carbon neutral entro il 2030.
Foglietta, poi, ha nominato altri settori in cui la Città di Torino intende portare innovazione: “Andremo a sperimentare il metaverso nei musei. Sperimenteremo in ambito tecnologico, ma soprattutto in ambito di sostenibilità con la misurazione delle polveri sottili”. Spesso, però, insieme all’innovazione si sviluppa di pari passo la paura che la tecnologia possa sostituire l’uomo e che lavoratori e lavoratrici possano essere licenziati. “Mi fa piacere dire che nessuno verrà lasciato indietro. Semplicemente il mondo del lavoro sta evolvendo. Il lavoro sta cambiando”, conclude Foglietta, rimarcando l’importanza della formazione.
D’accordo con l’assessora, Fabiana Dadone, Ministra delle politiche giovanili durante il governo Draghi, denuncia: “Purtroppo devo dire che non solo si negativizza molto quando si parla di innovazione. Lo si fa anche erroneamente quando si parla di giovani”. Come ricorda Dadone, nella maggior parte delle narrazioni, i giovani sono pigri o, nel caso di menti brillanti, cervelli in fuga. “Non si vuole mai andare oltre e provare a far dialogare i giovani con gli imprenditori su come si dovrebbe provare ad integrare l’innovazione nei processi industriali per far sì che l’intelligenza umana resti e anzi il proprio lavoro porti ad uno sviluppo ulteriore in termini di socialità del lavoro e di valore delle idee”, dice Dadone.
Tuttavia, come osserva Cesare Damiano, ex Ministro del lavoro e della previdenza sociale, l’innovazione non può essere solo tecnologica. “Se vogliamo parlare chiaramente di innovazione, dobbiamo introdurre nell’elemento innovazione anche il termine innovazione sociale”. Oggi, infatti, l’innovazione non porta necessariamente con sé un “cammino di speranza di stare meglio, ma ti fa incontrare una paga insufficiente, un lavoro frammentato e una mancanza di prospettiva”. Per questo è essenziale una profonda riflessione sul tema del lavoro. “Consideriamo un elemento del quale dobbiamo tenere profondamente conto, vale a dire la conciliazione sempre più richiesta fra tempi di vita e tempi di lavoro della persona che intende occupare quel luogo”, avverte Damiano.
In questo senso, se si vuole realmente innovare, non è possibile concentrarsi esclusivamente sull’intelligenza artificiale e il metaverso. È essenziale, invece, sviluppare innovazione sociale nel rapporto fra individuo e lavoro, produzione e organizzazione dell’impresa.