È appena nato il Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure, uno scudo di sindacati, lavoratori e pazienti in difesa del diritto costituzionale alla sanità pubblica che, secondo le venticinque associazioni fondatrice del comitato, si sta invece dirigendo verso la privatizzazione. Le singole voci delle associazioni si sono fuse in una sola per far sentire più forte le richieste e le pressioni verso le istituzioni politiche che negli anni hanno apportato tagli alla sanità. Il Def, appena approvato dal governo, ne è la prova: circa un 6.2% del Pil andrà a favore della sanità pubblica nei prossimi anni, a fronte di una media europea del 10%. “La sanità pubblica deve tornare a essere una priorità. Vanno spesi tutti i soldi necessari”, afferma Giorgio Airaudo, segretario della Cgil Piemonte, alla presentazione del Comitato davanti all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino.
Dalle liste d’attesa lunghissime, alla mancanza di personale sanitario, all’insufficienza di letti ospedalieri. L’elenco degli ostacoli sulla strada della salute dei pazienti è lungo. E la frustrazione per la situazione ha già portato, nel 2021, l’11% delle persone a rinunciare alle cure necessarie (Bes, 2021). Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei medici di Torino ha messo in luce anche l’altro lato della medaglia: “Oggi noi medici non riusciamo a garantire la qualità del diritto alla salute. Questo crea una ferita morale che genera un’insoddisfazione generale e un distacco dei medici dal proprio luogo di lavoro”. In più non aiutano le ancora presenti infiltrazioni della mafia e della corruzione all’interno del sistema sanitario. Tra le richieste di Libera quella di più trasparenza nella conoscenza dei dati e dei fondi, in modo fruibile e accessibile a tutta la cittadinanza.
Il Comitato è appena nato ma già nelle prossime settimane affronterà un tour nelle diverse province piemontesi per raccogliere le testimonianze delle difficoltà del servizio sanitario italiano, concludendosi a Torino con una manifestazione in piazza il 27 maggio. Come spiegato da Chiara Rivetti, segretaria regionale di Anaao Piemonte, è solo un punto di partenza per non abituarsi a dover attendere 12 mesi per una visita e per tornare a garantire le cure e il diritto a non ammalarsi che solo il settore pubblico può tutelare.