“Coming out’’, dall’espressione inglese “coming out of the closet”, letteralmente uscire dall’armadio. L’armadio è il posto in cui solitamente stanno sì i vestiti, ma anche gli scheletri che si nascondono tra le giacche e i pantaloni perché la paura che gli altri non li accettino è più grande di quella che possano soffocare.
Essere un uomo e amare un uomo o essere una donna e amare una donna è facile, difficile è parlarne, reggere gli occhi addosso, i commenti alle spalle e le mezze risate nelle orecchie. È per questo che in molti scelgono di tenere segreti i loro amori, non è legittima riservatezza. Tra chi si guarda bene dal parlarne, ci sono sicuramente i personaggi pubblici, in particolare gli atleti. Si stima che in Italia gli sportivi che dichiarano il proprio orientamento sessuale solo dopo aver lasciato il mondo agonistico siano circa il 41%, come se la carriera pendesse sulla loro testa come una spada di Damocle.
Parte della responsabilità è anche di chi racconta, perché c’è modo e modo di farlo, e non sottolineare una differenza, in questo caso, fa tutta la differenza. Spesso si sente chiedere se ci sono omosessuali nel calcio, come se andassero scovati con il lanternino e non guardati con gli stessi occhi con cui si guarda il resto. Non si tratta di banalizzare dinamiche sociali complesse, soprattutto in un paese calciocentrico e a trazione maschile come l’Italia, ma di iniziare a raccontare cosa realmente ci succede dentro e intorno, e non solo quello proposto da un modello di società a cui crediamo di doverci attenere.
All’improvviso, con un post su Instagram, da solo e senza far parlare altri, Jakub Jankto ha annunciato la sua omessualità. Non solo un ventisettenne che ha scritto di non volersi più nascondere, Jankto ha fatto “coming out” da calciatore dello Sparta Praga e della nazionale della Repubblica Ceca, nel pieno della sua carriera. Un atleta, uno che si vede in televisione, che fa il mestiere che sognano decine di bambine e bambini, ha palesato la sua omessualità, aprendo a chi può vedere in lui un esempio. “Quando me lo ha detto, mi ha anche dato molta libertà”. Ad affermarlo è la sua ex compagna, madre di suo figlio. “Ora l’importante è che sia a suo agio e felice. Sarà sicuramente sollevato e niente lo divorerà più nell’anima. Aveva paura che la gente non lo accettasse per quello che era. Era stressato per questo. Credo che alla gente piacerà tanto quanto prima. Del nostro passato non me ne occupo più. Non lo biasimo per come è finita tra noi, spero che ora sia più sereno e in pace con se stesso”.
Visto il suo passato tra Ascoli, Udinese e Sampdoria, la storia di Jakub è rimbalzata presto in Italia, dove, nelle stesse ore, la Juventus iniziava la campagna di San Valentino: “Storia di un grande amore. #MoreColorfulTogether!”. Sui canali social del club bianconero sono apparsi tre video per raccontare tre amori: quello tra Cecilia Salvai, vice capitana della selezione femminile, e suo marito Marco; quello tra Lisa Boattin e Linda Sembrant, entrambe calciatrici della Juventus Women; e quello tra Manuel Locatelli e sua moglie Thessa. Non è usuale in Italia, ma la politica intrapresa dal club è chiara già da qualche anno e non può che essere un bene. Quando società di questa rilevanza prendono e portano avanti queste iniziative, come si è ben visto in giro per l’Europa, a giovarne sono tutti.
Il punto è che le squadre di calcio in Europa sono tutte influencer ante litteram. La Juventus era Chiara Ferragni anche quando le influencer non esistevano e oggi, nel giorno di San Valentino, ha lasciato i social e i giornali a parlare di due ragazze che si amano e giocano nella stessa squadra.