«Radiata dall’ordine degli avvocati perché donna». Marianna legge il titolo sul giornale e poi chiede a sua zia, Lidia Poët: «Stai diventando famosa?». Lei la guarda e le risponde: «Famigerata, più che altro». Alla fine, ha vinto lei. È diventata la prima donna iscritta all’Ordine degli Avvocati in Italia. In fondo, non doveva importarle troppo di quello che la gente pensava o diceva. Le interessava, invece, dimostrare il suo valore. Lo ha fatto in una Torino di fine Ottocento, terreno fertile per le grandi trasformazioni.
Una storia che Netflix ha voluto raccontare nella serie «La Legge di Lidia Poët», disponibile a partire dal 15 febbraio. Sei episodi tra thriller, azione e drama. Non una biografia, ma una rivisitazione della vicenda di Lidia Poët, interpretata da Matilda De Angelis. Le sue battaglie ci sono tutte: quando la Corte di Appello di Torino dichiara illegittima la sua iscrizione all’albo, lei inizia a lavorare presso lo studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare la decisione della Corte. Ma i registi Matteo Rovere e Letizia Lamartire hanno voluto dare un tocco di giallo in più alla vicenda. Così non mancano complotti, misteri e omicidi. Oltre alla finzione, la storia di Lidia Poët tratta un tema più che attuale perché le battaglie delle donne continuano, a distanza di più di un secolo.
Matilda De Angelis e le donne, tra passato e presente
«È molto molto importante che vengano scritte queste storie». La voce è quella di Matilda De Angelis, che fa sua la lotta sulla disparità di genere. «Io per prima, da attrice, sono lusingata quando mi viene data la possibilità di interpretare ruoli così centrali, così forti, così pregni di carattere». Alla presentazione della serie parla del suo personaggio. Ma parla anche del suo essere donna e di come le discriminazioni di genere siano ben presenti nella sua quotidianità: «C’è una disparità, innanzitutto a livello salariale. E non è un problema che riguarda solo il mondo cinematografico. Le discriminazioni si percepiscono in questo ma anche in altre cose, più sottili. Magari vengono fatte anche di buon cuore, senza cattiveria. Alcune discriminazioni sono interiorizzate perché fanno parte dell’uso e del costume della società. Non ce ne si accorge, ma spesso si fanno dei complimenti alle donne sull’aspetto mentre agli uomini no. Io mi sento privilegiata perché sono stata educata, dalla mia mamma soprattutto, a rispondere».
Una regia a quattro mani
Anche il cinema può educare. Ne sono convinti i registi, che hanno lavorato a quattro mani per realizzare un prodotto di intrattenimento capace di trasmettere un messaggio forte. Entrambi guardano con stima il personaggio di Lidia. «Mi ha affascinata e coinvolta emotivamente – spiega Letizia Lamartire –, racchiude in sé le lotte generazionali di donne che per secoli hanno combattuto, anche attraverso una sofferenza silenziosa e privata». Insieme a lei ha lavorato Matteo Rovere, che aveva già diretto Matilda De Angelis sul set di «Veloce come il Vento». Si sono ritrovati a Torino, dove sono state girate tutte le scene della serie: «Abbiamo omaggiato Lidia nella città nella quale ha vissuto – spiega – una città straordinaria, così come il personaggio che abbiamo raccontato. Rivoluzionaria. Ma non vive nel passato e basta. Al contrario ha un fortissimo legame con la contemporaneità e questo non bisogna mai dimenticarlo».