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Il Cpr si svuota dopo l’incendio di sabato

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Da 121 sono rimasti in 42 al Cpr di Torino. Uno sfollamento immediato dopo gli incendi di sabato 4 febbraio. Le 79 persone allontanate hanno dormito in mense e locali improvvisati a dormitori, in attesa del trasferimento nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio di Macomer (Sardegna), Trapani e Potenza. “C’è un’area che doveva essere adibita a biblioteca comune, hanno dormito in posti così. Una situazione drammatica e inumana” riporta Marco Grimaldi, segretario regionale di Sinistra Italiana che ieri ha effettuato un sopralluogo. In più, non c’era alcun piano di evacuazione quando sono scoppiati gli incendi.

Sabato notte

La vicenda è nata per video di Striscia la notizia, che denunciava le condizioni di vita del Cpr di Potenza. Nel giro di pochi minuti, tre incendi in aree diverse della struttura. Il filmato probabilmente ha suscitato un sentimento di ribellione che è esploso con le fiamme. “Loro dicono che è successo tutto in pochi minuti fra le urla” spiegano Sara Diena (consigliera comunale) ed Emanuele Busconi (consigliere di Circoscrizione 3), che hanno accompagnato Grimaldi nel sopralluogo. Non c’è stato un piano preordinato: nei Cpr non è consentito il possesso dei cellulari e la rivolta si è scatenata dopo aver visto il filmato in televisione. “Oggi calma piatta, come se non fosse successo nulla” riporta Diena.

Trattenuti che sembrano detenuti

Tumulti del genere sarebbero all’ordine del giorno. “Stando dentro tanto tempo dopo un po’ impazzisci” queste le parole di un ragazzo appena uscito dal Cpr di Torino dopo essere stato trattenuto per quasi due mesi. Nel suo caso “Non è la prima volta che accadono incendi di questo tipo. Quando ti privano della libertà, ognuno ha il suo modo di reagire”. Unanime la condanna dei politici che hanno assistito alla perquisizione. Queste strutture sono un “fallimento dal punto di vista umanitario” secondo Grimaldi. Nei Cpr, dieci in tutto in Italia, alcune persone vengono trattenute solo per motivi amministrativi, senza aver commesso alcun reato. “Tali centri devono chiudere anche per la dignità dei tanti operatori che ci lavorano” aggiunge il segretario di Sinistra Italiana. Operatori che non sono mai abbastanza, per non parlare degli psicologi. Manca personale, manca una burocrazia più snella, mancano gli spazi. I Cpr “sono molto meno civili delle carceri italiane” conclude Grimaldi.

La storia di E.

Abbiamo incontrato E. che proprio ieri mattina è uscito dalla struttura di Torino. Grazie all’assistenza degli operatori del Cpr dopo un mese e mezzo di permanenza è riuscito a ottenere il permesso di soggiorno e adesso è un uomo libero. L’uomo è venuto in Italia 15 anni fa dall’America latina con un contratto di lavoro. Una volta scaduto ha chiesto il permesso di soggiorno, ma è stato rifiutato: da un giorno all’altro si è ritrovato immigrato irregolare. Fermato dalla polizia, lo hanno condotto nel Cpr, dove il suo caso è stato valutato, con un esito positivo. L’alternativa per lui sarebbe stata il rimpatrio. 

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