“Questo non è amore” è lo slogan del Protocollo E.V.A., progetto della Polizia di Stato per il contrasto alla violenza familiare, presentato questa mattina alla Biblioteca Nazionale Universitaria alla presenza del Capo della Polizia, Franco Gabrielli.
Il Protocollo, frutto degli sforzi della Polizia di Stato e già attivo in prova dal 20 gennaio, ha codificato le best practice per la gestione degli eventi legati alla violenza domestica, stilando una serie di linee guida per le forze sul campo e per gli agenti in Sala Operativa, che a distanza coordinano e gestiscono tutti gli interventi. Il Protocollo comporta anche una standardizzazione degli interventi per tutte le Province e anche a livello di interforze. Viene inoltre creata una banca dati sulle aggressioni negli specifici domicili, per permettere agli agenti della Polizia di Stato di sapere se in passato vi siano stati altri episodi di violenza in un determinato contesto familiare e per tenere sotto controllo le situazioni più rischiose anche in assenza di formale denuncia. Dal 20 gennaio sono stati attivati 290 moduli di Protocollo E.V.A. di cui 252 con l’uomo nelle vesti dell’aggressore. Il 65% è stato a opera di italiani, il restante di stranieri. L’età media dell’aggressore è di 39 anni, 38 per la vittima. L’11% di questi moduli si è chiuso con un provvedimento pre-cautelare.
Il convegno si è aperto con un video molto intenso prodotto dalla Polizia di Stato, il cui sottofondo audio era fatto di registrazioni di chiamate d’emergenza in arrivo alle centraline da parte di donne che stanno subendo violenza. Molte le voci di bambini testimoni della violenza commessa sui genitori. A tal proposito, uno degli interventi è stato incentrato sul tema dei minori, che spesso ritrattano la loro testimonianza per il desiderio di veder riunito il nucleo familiare. Ne ha parlato Dionigi Maria Tibone, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, del gruppo reati contro le fasce deboli.
Le tematiche affrontate sono state numerose, grazie ai contributi di ospiti di rilievo, di cui solo due donne: il primo di Maria Grazia Corrado, Dirigente della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Torino, che ha esposto alcuni dati relativi alla violenza domestica. Il secondo è stato di Anna Maria Giannini, Ordinario di Psicologia generale a La Sapienza, che ha invece contestualizzato i dati, spiegando le motivazioni per cui così poche donne vittime di violenza domestica decidono di sporgere denuncia (il senso di colpa, il desiderio di non privare i figli di un padre, la speranza che prima o poi la situazione migliorerà). L’ultimo intervento prima della conclusione di Franco Gabrielli è stato quello di Patrizio Schinco, Chirurgo di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso alle Molinette. Un intervento sulle modalità per riconoscere casi di violenza di genere al momento dell’arrivo in Pronto Soccorso: un esempio sono le fratture al setto nasale, che se presentate a più di 24 ore dall’evento sono chiaro sintomo di violenza procurata perché è un dolore altrimenti troppo forte da sopportare.