Maxi-blitz da parte della Guardia di Finanza di Torino. A seguito delle indagini nell’ambito dell’operazione “Bianco sporco“, avviata dai militari del nucleo economico-finanziario di nel 2018, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha firmato un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 22 persone in sei diverse regioni del Paese, accusate di far parte di un’associazione a delinquere nel campo dell’efficientamento energetico. Secondo gli inquirenti, la presunta associazione criminale si sarebbe macchiata di reati quali truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio di denaro, autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta, ottenendo profitti di circa 30 milioni di euro. Tra gli indagati finiti in manette, 13 soggetti si trovano in custodia cautelare in carcere e tre ai domiciliari. Per gli altri sei è stato disposto l’obbligo di presentazione quotidiana davanti alla polizia giudiziaria.
Lavori fasulli e riciclaggio di denaro sporco: lo schema criminale
Il meccanismo fraudolento messo in atto dal gruppo di fermati ruota attorno ai cosiddetti “certificati bianchi” o TEE (titoli di efficienza energetica). Le aziende produttrici di energia e gas con almeno 50mila clienti finali hanno, infatti, l’obbligo di raggiungere, ogni anno, determinati obiettivi di risparmio energetico, svolgendo lavori di efficientamento in cambio dei certificati bianchi. I TEE possono essere anche acquistati dalle aziende da altri operatori del settore, le Energy Service Company (E.S.Co.), società che scelgono volontariamente di realizzare progetti di riduzione dei consumi energetici. Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), società a partecipazione pubblica, riconosce sia alle aziende distributrici, sia alle E.S.Co., un controvalore in certificati proporzionale al risparmio di energia derivato dagli interventi realizzati. I certificati sono poi liberamente scambiabili sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica a cura del Gestore dei Mercati Energetici (GME). Una volta all’anno, tutte le aziende operanti nel settore presentano i certificati bianchi ottenuti al GSE per dimostrare il raggiungimento degli obiettivi prefissati. In base al valore complessivo dei TEE presentati, le aziende ottengono un contributo tariffario da parte della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA).
Secondo l’accusa, lo schema criminale messo in piedi dalle società coinvolte (tutte E.S.Co.) sarebbe stato articolato su tre fasi. Nella prima, le società presentavano al GSE la documentazione comprovante la realizzazione di progetti di efficientamento energetico (installazione di caldaie, collettori e cappotti termici). Nel corso delle indagini, la Guardia di Finanza ha analizzato oltre un migliaio di progetti presentati al GSE: almeno 508 si sarebbero rivelati fasulli, ovvero mai eseguiti. Le società ottenevano così l’assegnazione dei certificati.
Nella seconda fase, le Energy Service Company coinvolte vendevano sul mercato gestito dal GME i certificati ottenuti in modo indebito. I profitti ricavati dalla compravendita venivano quindi trasferiti, in Italia come all’estero, su conti correnti di società e soggetti privati terzi, giustificando i movimenti di denaro tramite fatture false.
Questi ultimi, infine, si dedicavano al prelievo delle somme ricevute o anche all’acquisto di oro e beni di lusso. I militari della Guardia di Finanza di Torino hanno stimato che grazie a questo sistema sarebbero stati riciclati oltre 13 milioni di euro, dal 2014 al 2021.