Il crollo. La settimana che ha portato alla rielezione di Sergio Mattarella è stata per i partiti politici una lunga 25esima ora, in cui tutti speravano di avere un’ultima possibilità per mostrare la propria forza finendo per piegarsi su se stessi, fallendo l’obiettivo. Marco Revelli, noto storico e politologo, ha raccontato a Futura News il suo punto di vista sulla vicenda, e il suo giudizio non è certo positivo.
Professor Revelli, com’è uscita la politica italiana dalla settimana dell’elezione del presidente della Repubblica?
Io credo ne sia uscita a pezzi. Tutte le forze politiche si sono dimostrate incapaci di dare una risposta a un appuntamento elettorale previsto da tempo. Sono andate a pezzi le coalizioni, si sono liquefatti i partiti, hanno fallito i leader. Le frequenti astensioni hanno dimostrato la mancanza di fiducia diffusa, sia interna che esterna ai gruppi. Si tratta di un segnale pessimo.
Quindi non ritiene che, come qualcuno ha detto, l’elezione di Mattarella abbia rappresentato una prova di forza del Parlamento?
No, al contrario. È stato un segnale di profonda debolezza. I singoli parlamentari si sono mossi sulla base di un istinto di sopravvivenza, in buona misura con l’obiettivo di portare a termine la legislatura, non certo da una consapevolezza democratica. Ciò che ha risolto l’impasse è stato l’intervento di un deus ex machina, il presidente del Consiglio che ha convinto il Capo dello Stato. Più prova di debolezza si così.
Ecco, Mario Draghi. Sembrava il più papabile tra i candidati al Quirinale. Come valuta la sua figura nel processo elettorale?
Sicuramente ne esce ridimensionato. Era considerato Super Mario, forse è ridotto a un Mini Mario. La conferenza stampa prima di Natale è stata un errore politico, è apparso evidente che qualora il suo nome fosse stato sottoposto al giudizio dell’Aula, i parlamentari avrebbero risposto negativamente, dando sfogo al rancore accumulato in questi mesi. Draghi li ha trattati come un banchiere tratta dei pezzenti. Il fatto è che la finanza funziona in modo diverso dalla politica, un bravo finanziere quasi mai è un bravo politico.
Secondo lei il mandato di Mattarella durerà sette anni o si interromperà prima?
Istituzionalmente quella del Capo dello Stato non può essere una carica a termine, non credo dunque che si dimetterà prima. Questo significa che il suo mandato durerà 14 anni: assomiglia più a un modello di monarchia elettiva o di presidenzialismo preterintenzionale che a una democrazia parlamentare. È un’anomalia sicuramente, ma credo che non ci siano antidoti.
Vista la fase di crisi, come vede l’ultimo anno di legislatura?
Temo che il prossimo anno sarà segnato da un’involuzione politico-istituzionale. I tecnici al governo tenderanno al dirigismo, mentre le parti politiche continueranno a farsi la guerra in una lunga campagna elettorale. Una riforma elettorale sarebbe indispensabile, ed io credo debba essere in senso proporzionale. Si tratta di una legge ferrea della scienza politica, quando un sistema politico è in crisi, l’unica ricetta è il proporzionalismo. Esso permette infatti alle forze politiche di definirsi e trovare rappresentanza.
“È di sinistra chi avverte lo scandalo della diseguaglianza”
Marco Revelli
Ritiene ancora possibile un campo largo di centro sinistra, una federazione di partiti che ruoti intorno all’alleanza tra Pd e M5s?
Si è azzerato tutto, gli schemi che esistevano prima si sono dissolti. Tutti i partiti sono dilaniati al loro interno, Il Movimento nella distanza tra Conte e Di Maio, il Pd per i veti interni. Le leadership contemporanee sono formate da persone piccole. Letta ha preso meno schiaffoni degli altri solo perché si è mosso meno, è stato di una passività imbarazzante.
Dunque assistiamo a una sinistra “conservatrice”, che per autoconservarsi tende a mantenere lo status quo. Cosa significa essere di sinistra in Italia oggi?
È un rebus, la casella della sinistra italiana tende a essere vuota. Mentre è evidente cosa sia la destra, non è chiaro cosa sia la sinistra. Qualcosa sui diritti e poco altro, è un mood con un incertissimo insediamento sociale. La vediamo all’opera: impotente e silenziosa su quasi tutte le questioni di fondo ma allo stesso tempo arrogante e ambiziosa. Come ha scritto Norberto Bobbio, è di sinistra chi avverte lo scandalo delle diseguaglianze. E questa caratteristica non è così visibile in chi fa politica.
Per chiudere, in questo periodo si parla molto di alternanza scuola-lavoro. Qual è la sua posizione a riguardo?
Credo che le normative e le retoriche a fondamento dell’alternanza scuola-lavoro siano delle aberrazioni. Per un giovane la scuola dovrebbe essere una vacanza dai problemi del mondo, un periodo in cui coltivare se stessi, acquisire gli strumenti per dare un senso alla vita. Aver mescolato le due dimensioni, della scuola e del lavoro, è stato un atto di profanazione, sia dell’una che dell’altra, che solo chi concepisce la vita esclusivamente all’insegna dell’utilità può aver pensato.