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Ultimo giorno di lavoro per gli ex-dipendenti Zara, ma il presidio in via Roma continua

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Tra il frenetico affaccendarsi di passanti che riempiono via Roma per i saldi di fine gennaio, davanti le porte di Zara si trovano undici ex-lavoratori in protesta. Da settimane si danno appuntamento ogni pomeriggio, a volte portano anche le loro famiglie, denunciando ai megafoni un ingiusto epilogo: il licenziamento in tronco dopo anni di servizio.

La mail è arrivata 3 settimane fa, annunciando che oggi, 31 gennaio, sarebbe stato il loro ultimo giorno. Alcuni erano impiegati nella sede vicino Porta Nuova, altri lavoravano nel magazzino a Grugliasco. Adesso sono tutti riuniti, supportati dal Sindacato Intercategoriale Cobas. “Tutto comincia anni fa, quando Zara aveva iniziato ad aprire nuove sedi in Italia. Siamo stati a Pisa, in Puglia, a Milano. Poi abbiamo aperto qui in via Roma 360, dove prima c’era ancora il cinema.” Denis, anche lui tra gli undici dipendenti congedati, ci racconta di come la precarietà abbia sempre fatto parte del suo lavoro. “Ogni due anni Zara cambiava agenzia per non assumere direttamente i propri impiegati. Ci dicevano sempre “il prossimo anno assumiamo qualche persona” e siamo andati avanti così.” Dal 2021 Denis e i suoi colleghi hanno cambiato almeno 5 contratti, l’ultimo dei quali è stato firmato due anni fa con Manpower, l’ennesima agenzia interinale che funge da intermediaria tra i lavoratori e la multinazionale. Ma adesso è arrivata l’ultima batosta. “Nella mail ci dicevano che non hanno più bisogno di noi. Subito dopo i saldi hanno mandato via tutti. Uno degli ex dipendenti, un mio responsabile, lavorava lì da oltre 17 anni.”

Si tratta di un ciclo continuo, un ricambio di forza lavoro perenne e sempre più consistente. “Già da due mesi avevano iniziato ad assumere dei ragazzini sui 20 anni, giovani e senza esperienza. Tutti con contratto a chiamata, di due o sei mesi al massimo. A tutti promettono l’assunzione, ti dicono “sei bravo, il prossimo sarà un contratto indeterminato” ma è una storia che si ripete. L’ultimo contratto fatto direttamente da Zara risale al 2017, tutti gli altri sono contratti brevi e tramite agenzie. Si cambia tantissimo personale. E adesso noi siamo tra quelli rimasti fuori.”

Adesso Manpower prevede un corso di formazione come carrellisti per tutti gli undici lavoratori, nella speranza di aumentare le chance di impiego. Ma nella maggior parte dei casi, l’unica possibile aspettativa è quella di essere rimbalzati in un succedersi di impieghi saltuari. “Altri ragazzi che lavorano per Manpower non hanno un posto fisso, ma stanno un mese ad Amazon, due mesi in qualche fabbrica e poi chissà”. Secondo contratto, inoltre, nessuno di loro potrà guadagnare più di quanto faceva precedentemente da Zara. Potrebbero, invece, prendere fino al 15% di stipendio in meno. Una situazione insostenibile per chi ha una famiglia a carico; tutti e undici, in questo caso. Denis ha una figlia piccola, un suo collega ne deve mantenere persino quattro. “Sul contratto poi c’è scritto che il lavoro potrebbe capitarti fino a 50km di distanza da dove abiti, quindi potenzialmente in tutto il Piemonte. E se in 6 mesi non riescono a trovare una mansione adatta a te, il contratto decade automaticamente. Hanno fatto un bel gioco con noi. Ci siamo cascati.”

La frustrazione è ancora maggiore perché, nonostante le proteste di fronte la sede vadano avanti da settimane, da Zara ancora nessuna risposta. “L’azienda se ne è lavata le mani, dicendoci che non siamo loro lavoratori. Ma io per qualsiasi cosa, permessi, ferie, orari, straordinari, dovevo chiedere a Zara. Non parlavo mai con Manpower.” Denis, però, non si arrende. “Avevo 22 anni quando ho cominciato a lavorare per Zara, ora ne ho quasi 35. Voglio combattere fino alla fine e vedere cosa rispondono, perché non è possibile che dopo tutti questi anni nessuno abbia avuto il coraggio di venire a parlare con noi.”

Del presidio quindi, almeno per il momento, non si vede la fine. “Il nostro posto di lavoro è l’unica cosa che vogliamo. C’è ancora tanta vendita, continuano ad assumere altre persone, perché allora cacciare noi? Dopo tanti anni di esperienza ognuno dei miei colleghi riesce a svolgere il nostro lavoro ad occhi chiusi. Continueremo a scioperare, è l’unica scelta e l’unica possibilità che abbiamo.”

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