Il “bio” vende sempre di più, e se n’era accorto anche il titolare di un mulino nella Val Sangone, dove nei giorni scorsi i carabinieri del Nas di Torino hanno eseguito un maxi sequestro di avena.
Quasi 780 tonnellate del cereale, per un valore di circa 4 milioni e 800mila euro, erano conservate in due depositi non autorizzati, con “precarie condizioni igienico-sanitarie per la presenza di sporcizia, ragnatele e numerose lacerazioni dei sacchi contenitori”, riportano i carabinieri. In particolare, 195 chili di avena era già stati etichettati come prodotti “biologici”, mentre in realtà si trattava di avena coltivata in modo convenzionale e proveniente dall’Est Europa, priva anche delle indicazioni necessarie per rendere tracciabile il prodotto.
A confermare la scarsità di igiene nel mulino – e l’attenzione del titolare per le etichette che vanno a ruba sul mercato – i carabinieri hanno infine trovato quasi 6 tonnellate di prodotti alimentari di scarto, derivati da lavorazioni precedenti, che sarebbero poi stati macinati e impiegati come “pasta secca biologica”.
Il titolare è stato denunciato in stato di libertà per due reati: frode nell’esercizio del commercio, poichè i prodotti avrebbero riportato etichette fasulle; e detenzione per l’utilizzo di alimenti in cattivo stato di conservazione.
Il controllo che ha portato al sequestro rientra in una campagna che i Nas di Torino stanno portando avanti per contrastare il fenomeno della contraffazione alimentare, tutelando così produttori e produttrici che utilizzano davvero in agricoltura le tecniche necessarie per creare alimenti “bio”, cioè che nella coltivazione e lavorazione hanno rispettato la biodiversità del proprio ambiente.