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Il paradiso perduto del calcio: dilettanti e delusioni

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“Uno su mille ce la fa”: è proprio il caso di dirlo. Per quanto il calcio dilettantistico in Italia sia ancora l’attività sportiva più diffusa tra i giovani – almeno secondo il report redatto dalla Figc nel 2021 – sfondare in questo settore è difficilissimo: i giocatori che riescono a farsi notare stanno sulle dita di una mano. Dagli Esordienti agli Juniores, le categorie dei settori giovanili, nella stagione 2019/2020 si contavano 654mila atleti. Solo il 4% di loro, in media, viene segnalato alle società dagli osservatori e meno dell’1% riesce effettivamente a consacrarsi nel professionismo.

Partendo da questi dati, ci siamo chiesti perché la scalata del successo sia così complessa: come ci hanno spiegato dirigenti di società dilettantistiche e scuole-calcio, le ragioni sono molteplici. Abbiamo provato a farne un quadro, intrecciando l’analisi dei numeri con le storie vere di chi ci è passato, di chi ci ha sperato ma non ce l’ha fatta. Muovendoci dal generale al particolare, la nostra indagine sul calcio dilettantistico italiano prende le mosse da un caso che sta provocando una bufera all’interno della serie A: l’inchiesta sulle plusvalenze, partita a novembre dalla Juventus ma ormai allargata ad altre squadre, prima fra tutte l’Inter.

I pubblici ministeri che hanno aperto il fascicolo torinese parlano di “un sistema malato” che coinvolge indiscriminatamente il mondo del pallone: un vulnus che colpisce il calcio di alto livello, le società blasonate dove girano molti soldi e ci sono tanti interessi in gioco. Ma dove affonda le radici questo fenomeno? Nel sistema di reclutamento dei ragazzini – che molti definiscono “il mercato delle vacche”?

Alcune risposte a queste e ad altre domande le troverete nel prossimo numero del magazine di Futura News, in uscita venerdì 21 gennaio, con una pagina dedicata all’inchiesta sul calcio dei dilettanti. E non solo…

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