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Parliamo di salute mentale: un diritto a metà?

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Sul finire dello scorso anno il ministero dell’Economia ha fatto saltare, per motivi di bilancio, un emendamento alla Manovra 2022 che prevedeva l’introduzione di un “bonus psicologico”. La proposta, avanzata da alcuni senatori del Partito Democratico, chiedeva l’istituzione di un “Fondo salute mentale” da 50 milioni l’anno, per aiutare le persone a sostenere le ingenti spese necessarie per intraprendere un percorso di terapia. Dal punto di vista del contenuto l’aiuto prevedeva due tipologie di sussidi: un “avviamento”, che permetteva a tutti i cittadini maggiorenni a cui non è stato diagnosticato un disturbo mentale di accedere a un contributo di 150 euro ogni due anni indipendentemente dal livello di reddito, e un “sostegno” da 35 milioni complessivi distribuito a seconda dell’Isee del richiedente, con assegni variabili da 400 a 1.600 euro.

Sebbene la proposta avesse ricevuto il sostegno di altre forze parlamentari – appoggiata pubblicamente da tutti i principali gruppi di maggiornaza e opposizione: Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva e Liberi e Uguali – nella versione definitiva del documento di bilancio, presentato il 30 dicembre 2021, la proposta non compare. La bocciatura ha presto suscitato polemiche e proteste, innescando ferventi discussioni sulla necessità di rivedere radicalmente la prospettiva adottata in Italia sulla maniera di intendere culturalmente e trattare legislativamente il diritto alla salute mentale. “Siamo amareggiati, certo, ma quello che è importante davvero resta tale e continueremo a lavorarci fino a che potremo”, ha commentato il 22 dicembre la senatrice Biti, uno dei tre promotori dell’emendamento.

Tanti buchi nell’acqua

Non è la prima volta le forze politiche affrontano il tema del sostegno economico diffuso per le cure psicologiche. Nel 2021, con la conversione in legge del decreto “Sostegni bis”, si istituì di un fondo da 10 milioni di euro per “l’accesso ai servizi psicologici delle fasce più deboli della popolazione”. I fondi, allocati successivamente alle regioni, erano però più che altro un aiuto agli enti sanitari del territorio qualora questi intendessero potenziare i servizi di ascolto, formare il personale o migliorare le reti di assistenza. Non un bonus mirato e progressivo.

Altre proposte, culminate però in un nulla di fatto, erano già arrivate nel 2020, quando si era già presentato il “gioco” dell’emendamento alla legge di bilancio poi non incluso nella stesura finale. Il Partito democratico aveva proposto la creazione di un fondo da 30 milioni di euro all’anno da utilizzare per favorire l’accesso ai servizi psicologici, basandosi sui voucher. Un ulteriore emendamento proponeva di attivare un credito d’imposta, basato sull’Isee, per ridurre i costi dei servizi sanitari, compresi quelli relativi alla salute mentale. Nessuna di queste misure fu poi approvata.

Sotto i colpi della pandemia

A inizio 2021 su Change.org è stata lanciata una petizione rivolta al ministro della Salute Roberto Speranza che ha preso una posizione molto critica nei confronti dell’esclusione dell’emendamento dalla manovra, la stessa che ha mantenuto e rinnovato bonus ritenuti da molti meno urgenti, come quello per l’installazione di zanzariere o di sistemi per il filtraggio dell’acqua. La petizione che ha attualmente superato i 270mila firmatari a fronte di un obiettivo di 300mila, “Chiede al governo di prendere davvero in considerazione l’inserimento del bonus e di inserirlo nel primo provvedimento utile per andare incontro a un’esigenza immediata e pressante”, si legge nelle motivazioni dell’iniziativa.

La pandemia ha avuto effetti concreti e massicci sull’aggravarsi delle condizioni di salute mentale degli individui, con aumenti preoccupanti anche nelle fasce più giovani. Quella sul bonus psicologico è emersa come una tematica necessaria stando agli ultimi dati sulla salute collettiva. Secondo quanto riportato dall’Istituto Piepoli, un ente di ricerca indipendente che fornisce analisi e statistiche anche ai decisori politici, e che è in contatto con diverse realtà operanti del terzo settore attive nel mondo dell’assistenza psicologica, nel 2021 il 27,5% dei pazienti che avevano intenzione di iniziare un percorso di salute mentale non ha potuto farlo per ragioni economiche. Il 21% è stato costretto a interromperlo.

Nonostante l’accesso alle cure ancora non sia adeguatamente sostenuto dallo Stato attraverso un sistema di sussidi equo e progressivo, lo studio riporta come l’utenza sia generalmente cresciuta, soprattutto tra i giovani di 18-24 anni, le donne ed il ceto medio. In ribasso invece le richieste di intervento psicologico per gli over-55. In particolare la pandemia da Covid-19 ha aumentato i problemi d’ansia (+83%), i disturbi dell’umore/depressione (+72%), quelli dell’adolescenza (+62%). In aumento anche i problemi di coppia e con i figli (+49%), probabilmente a causa della lunga permanenza in casa durante il lockdown.

La storia di Francesca

“Non abbiate paura di dire che si ha necessità di aiuto, di chiedere aiuto. A un famigliare, a uno psicologo, uno psichiatra, un insegnante di yoga. Può svoltare la vita”. Francesca è solo una delle migliaia di persone che hanno avuto bisogno di supporto psicologico a causa la pandemia. A Lula, così chiama la terapista con la quale condivide un percorso da quasi due anni, si è affidata completamente quando la sua vita aveva perso ogni tratto familiare e rassicurante, complice la morte del nonno a causa del Covid “senza neanche poterlo salutare” e una quotidianità prima soffocata e poi stravolta dalla pandemia. Giorno dopo giorno, la voce di Lula al di là del monitor usato per le sedute online ha ricostruito, granello dopo granello, una routine cancellata dalla pesantezza di un malessere sconosciuto, arrivato all’imporovviso, che da mesi gravava su Francesca sin dal risveglio: “Non riuscivo ad alzarmi dal letto, avevo paura ad uscire, sentivo il peso di ogni cosa.”

“Mi ci è voluto un mese per entrare di nuovo in un ristorante”, continua Francesca. Il momento delle riaperture estive è stato critico per lei, che pure aveva sofferto della reclusione forzata in casa con la sua famiglia dopo alcuni anni spesi da sola: “All’inizio mi terrorizzava anche un abbraccio. Se uscivo mi rifugiavo nell’alcol, così come i miei amici. Abbiamo iniziato a vederci solo per bere, sulle panchine, nei garage”.

Con Lula si è partiti dall’uscire di casa solo per un caffè, solo per qualche minuto, all’affrontare una serata con gli amici al ristorante. Prima una serata fuori, poi riprendere a suonare il violino, poi ancora tornare a leggere: “Piccole cose, che per me sono tantissimo”. L’aiuto psicologico si è disteso nel tempo segnato per sempre da un pre e un post pandemia, attraversando fragilità originate nel passato. Francesca non aveva mai guardaro così lontano, dietro di lei.

Un’ultima verità ci concede questa studentessa di 22 anni. Una più sottile e che con il diritto a occuparsi di sè ha molto a che fare: “Ora riesco a concentrarmi di più, ma la prendo con tranquillità, sapendo che ciò che abbiamo vissuto non è normale”. Abbiamo affrontato la pandemia normando le nostre esistenze, applicando il rigore come mai avevamo fatto prima; interiorizzando, in un modo o nell’altro, categorie giuridiche di salute pubblica come veri e propri imperativi morali. La verità, però, è che pur essendo stati capaci di tutto questo, ciò che ci si è riversato addosso ci ha sormonati tutti, insegnadoci quanto sia importante ridimensionare, accettare i limiti e le fragilità come parte di noi, valorizzando la salute della mente e del corpo e chi sa parlare a entrambe.

Parlaci della tua esperienza, perchè ci riguarda tutti #salutementale

Abbiamo pensato a voi, e a situazioni di tutti i giorni che possono accomunarci. Ci siamo fatti domande semplici da porvi, per comprendere se davvero questo bene collettivo, la salute mentale, merita di essere considerato tale con la tutela pubblica che questo comporta. Di seguito troverete un form da compilare, semplice veloce e che vorremmo porgervi con la possibilità, se lo vorrete, di approfondire le vostre storie caso per caso in un secondo momento.

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