Aggiornato al 3 dicembre
La Procura di Torino indaga sui conti della Juventus. Sei dirigenti ed ex dirigenti della squadra sono nel mirino degli inquirenti per falso in bilancio e false fatturazioni. Tra loro c’è il presidente Andrea Agnelli, l’ex direttore sportivo Fabio Paratici (ora al Tottenham) e il vicepresidente Pavel Nedved. Venerdì 26 novembre la Guardia di Finanza ha perquisito gli uffici del club e dei suoi avvocati, mentre sul sito veniva pubblicata una nota con cui la squadra annunciava di prendere atto dell’avvio del procedimento, dichiarando di collaborare per “chiarire ogni aspetto di interesse” della società e dei soggetti coinvolti. Altri club rischiano di finire nel mirino degli inquirenti, dopo che la Federcalcio ha richiesto gli atti dell’inchiesta alla Procura torinese. Due indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere all’interrogatorio: si tratta degli ex manager Marco Re e Stefano Bertola. E intanto si amplia la lista dei soggetti che potrebbero essere coinvolti nel caso Juventus. Come si apprende dal comunicato diramato dal club bianconero, si aggiunge infatti anche Cesare Gabasio, legale della società: l’ipotesi di reato è che abbia reso una falsa rappresentazione del bilancio del club.
L’Operazione Prisma
È questo il nome in codice del fascicolo, sotto la lente dei tre pubblici ministeri Ciro Santoriello, Marco Gianoglio e Mario Bendoni. Gli inquirenti hanno già sentito come persone informate sui fatti Federico Cherubini, il direttore sportivo subentrato a Fabio Paratici, Maurizio Arrivabene, nuovo amministratore delegato della squadra e Paolo Morganti, Head of Football operations. Al centro delle indagini c’è il caso delle plusvalenze false, la pratica con cui i club calcistici di punta si scambiano giocatori a prezzi considerati sproporzionati rispetto al loro valore reale. Al fine di far quadrare i conti, spesso già dissestati, dei diversi club.
Secondo la procura di Torino, negli ultimi tre anni, la Juventus avrebbe gonfiato i propri bilanci di 282 milioni di euro complessivi, “attraverso operazioni di scambio di tesserati caratterizzate da valori fraudolentemente maggiorati, così da generare un ricavo di natura contabile e in ultima istanza fittizia pervenendo a perdite di esercizio ben minori di quelle reali”. Transazioni che riguarderebbero sia scambi di giocatori molto noti, come quello tra Miralem Pjanic e Arthur Melo effettuato con il Barcellona due anni fa, sia trasferimenti di giovani e riserve poco conosciute. Il più citato in questi giorni è il caso del ventenne Marley Akè, portato alla Juventus dal Marsiglia in cambio del diciannovenne Franco Tongya. Entrambi i giocatori sono stati valutati 8 milioni di euro nonostante giochino rispettivamente in Serie C e nella quarta serie francese.
Che cosa sono le plusvalenze
“La plusvalenza è semplicemente un valore che si calcola tra il prezzo di acquisto delle prestazioni di un giocatore e il successivo prezzo di cessione delle medesime prestazioni”, spiega Cesare Di Cintio, avvocato sportivo. “Se una società calcistica, facendo un esempio con cifre semplici, compra le prestazioni di un atleta per 10 euro e le rivende a 20, ci guadagna 10 euro. Quella è una plusvalenza. Se invece le stesse prestazioni calcistiche, acquistate a 10 euro, venissero rivendute a 5 euro, in quel caso la società registrerebbe una minusvalenza di 5 euro”. Ma è una pratica legale? “Sì, succede in ogni attività commerciale”, continua Di Cintio, “e le attività sportive professionistiche producono attività commerciale perché sono improntate a produrre profitto e a dividere gli utili tra i soci, ove utili ci siano”.
Plusvalenze reali o fittizie?
La pratica delle plusvalenze false è utilizzata da anni nel calcio italiano, ma le indagini condotte fino a questo momento non hanno portato a grandi risultati. Risulta molto difficile stabilire in maniera oggettiva il valore reale di un giocatore, e quindi se venga valutato con una contabilizzazione eccessiva. Vale a dire: è quasi impossibile affermare con certezza che una plusvalenza sia reale o fittizia. L’elemento che può fare la differenza, e che dunque potrebbe incastrare i vertici della Juventus, è il dolo, cioè la consapevole volontà da parte dei dirigenti di alterare i valori dei giocatori e del bilancio societario per ottenere un profitto. Ma questo va dimostrato.
Le intercettazioni telefoniche
E qui entrano in gioco le intercettazioni telefoniche, al vaglio degli inquirenti. Nelle 9 ore davanti ai magistrati, all’attuale direttore generale della Juventus Federico Cherubini è stato chiesto conto soprattutto di quella “carta che non doveva esistere”, così come la definisce il responsabile legale Cesare Gabasio in una telefonata con Cherubini di fine settembre. La Guardia di Finanza era stata inviata nella sede del club bianconero proprio per cercare questo documento. L’ipotesi degli inquirenti è che in questa “carta segreta” siano riportati rapporti contrattuali e stipendi arretrati di Cristiano Ronaldo, che comunque non risulta indagato. Si sospetta che alcuni suoi compensi non siano stati fatti rientrare nell’ultimo bilancio societario, già estremamente appesantito dagli effetti della pandemia e dagli investimenti sostenuti proprio per acquistare e mantenere Ronaldo a Torino in queste ultime tre stagioni. Lo scorso 30 giugno il bilancio della Juventus era stato chiuso con perdite per 210 milioni di euro e un indebitamento finanziario di oltre 389 milioni.
Gli altri club coinvolti
I magistrati parlano di “un sistema malato”, che non coinvolge solo la Juventus: acquisti e cessioni i bianconeri non possono averli fatti a soli. La Procura Federale, non appena entrerà in possesso delle carte della Procura di Torino, si occuperà della questione. Tra le squadre di serie A che hanno fatto più affari con la Juventus ci sono in particolare il Genoa, l’Atalanta, l’Empoli e la Sampdoria. Nel decreto di perquisizione si cita l’acquisto dal Genoa del centrocampista Nicolò Rovella per 18 milioni, con contestuale cessione di Manolo Portanova ed Elia Petrelli. E compare anche l’Atalanta, per la doppia operazione che ha coinvolto i due difensori Christian Romero e Merih Demiral: in questo caso si indaga su documenti privati che non sarebbero stati comunicati agli organi competenti, nello specifico una carta in cui si parla di un “obbligo non federale” a carico dei bergamaschi.
Che cosa rischia la Juventus
Premesso che “siamo in una fase talmente embrionale dell’investigazione che oggi possiamo dire tutto e il contrario di tutto”, precisa Di Cintio, in merito alla questione plusvalenze il codice di giustizia della Federazione italiana del giuoco del calcio (Figc) lascia discrezionalità al giudice: si va dall’ammenda con diffida fino all’esclusione dal campionato di competenza, contemplata solo nel caso in cui l’eventuale illecito sia commesso al fine di “ottenere l’iscrizione a una competizione a cui non avrebbe potuto essere ammessa”. Se le plusvalenze sono state necessarie per rientrare nei parametri federali per l’ottenimento della licenza allora si può procedere con una penalizzazione o con l’esclusione dal campionato. Sui rischi a livello penale, però, i precedenti non dicono molto.
Per ora l’unico vero caso accertato e sanzionato è quello che nel 2018 costò 3 punti di penalità al Chievo Verona e 15 al Cesena per essersi accordate nel contabilizzare nei bilanci plusvalenze fittizie per circa 25 milioni di euro. A tre anni di distanza, entrambe le società sono fallite: il Chievo non esiste più ed è stato rifondato da un’altra dirigenza, mentre il Cesena è in Serie C dopo essere ripartito dai dilettanti.