La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Italia volontaria, una splendida macchina complicata

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Immaginate un’Italia in cui nessuno si occupa degli anziani soli, o un’Italia in cui – se non è un’emergenza – l’ambulanza non si muove. Immaginate un’Italia in cui nessuno dona il sangue, nessuno dona gli organi, nessuno dona il suo tempo per aiutare chi ha bisogno. Come sarebbe? Come sarebbe il lavoro dei pompieri senza la protezione civile? Come farebbero tutte quelle famiglie che faticano ad andare avanti? Come sarebbe l’Italia? E come sarebbe il Piemonte? Per fortuna, non lo sappiamo e non lo dobbiamo sapere, perché migliaia e migliaia di associazioni no profit e di volontari si occupano di tutto ciò che, altrimenti, lo Stato lascerebbe scoperto.

«Se i volontari improvvisamente scioperassero, si fermerebbe metà del paese». Marco Bani, consigliere direttivo del Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Torino (Vol.To), parla con entusiasmo del lavoro che fanno per aiutare le varie associazioni presenti sul territorio. «La nostra missione è togliere costi alle organizzazioni offrendo servizi. Quelle di cui ci occupiamo noi sono circa 1400 e, di queste, la maggior parte sono a Torino,» racconta Bani. «Nel 2017, 1145 persone hanno contattato lo sportello e sono stati inseriti 877 nuovi volontari. Considerando il trend in crescita, sicuramente nel 2019 saranno almeno 900».

Quella del volontariato è una macchina complicata e impegnativa da gestire. Le associazioni sono tante e «aumentano in continuazione. Ogni anno ci sono più associazioni che si vogliono iscrivere al registro regionale di quelle che si cancellano,» osserva Gemma Vecera, che si occupa di volontariato per la Regione Piemonte. «La situazione è sempre peggio, perciò dove lo stato non arriva – e lo stato non arriva da nessuna parte ormai – prende il suo posto il volontariato. E per fortuna che c’è ancora gente che ha voglia di farlo».
Secondo i dati della Regione, le associazioni iscritte al registro in Piemonte sono 3258 di cui 1064 nell’ambito socio – assistenziale e 782 in quello sanitario. Una grande fetta dei progetti, quindi, riguardano l’assistenza, ed è un dato che getta luce sulla trasformazione del tessuto sociale e sull’emergere di nuove necessità da parte della popolazione, soprattutto delle periferie. Secondo un’indagine condotta dall’Ires Piemonte, nel 2018, il 45,4% della popolazione dichiara di riporre abbastanza fiducia nelle associazioni di volontariato quando si trova in situazione di difficoltà, la maggior parte dei quali sono uomini oltre i 64 anni.

Un sistema così esteso e composito è difficile da regolamentare e soprattutto da controllare. La regione cerca di effettuare accertamenti annuali ma, spiega Gemma Vecera, «non riusciamo a fare una verifica capillare su tutte le associazioni. Non ne abbiamo né il potere né le possibilità. Io, ad esempio, sono sola per tutta Torino, quindi devo fidarmi. Io parto dal presupposto che le associazioni agiscano in buona fede, ma è capitato che le cose andassero diversamente».

Anche la burocrazia è complicata e per gli operatori rappresenta un grande limite. «Il volontariato non è facilitato dallo Stato, ci sono regole molto complesse» racconta Marco Bini che, con il Centro Servizi, aiuta le associazioni a coordinare anche la parte amministrativa. «L’anzianità dei volontari e lo scarso ricambio generazionale sono altri fattori da considerare, perché le associazioni incontrano sempre più ostacoli durante la loro esistenza e devono essere pronti e in grado di gestirli».

In questo campo, le difficoltà sembrano prossime ad aumentare. La nuova riforma del Terzo Settore, nata con lo scopo di mettere ordine nel mondo del volontariato e permettere di averne una visione completa e globale, richiede a tutte le associazioni di adeguare il proprio statuto alle nuove norme entro il tre agosto. La legge prevede la sostituzione dei vari registri regionali con un unico nazionale che, però, comprenderà anche le Onlus, che ora fanno invece riferimento all’Agenzia delle entrate. «Il registro, però, continuerà ad essere gestito dalle regioni – afferma Vecera – comportando un grande aumento del carico di lavoro e, di conseguenza, una diminuzione della capacità di controllo».

Questo enorme ingranaggio è sostenuto, però, da migliaia di volontari che portano avanti una rivoluzione silenziosa. L’aiuto e il sostegno che forniscono non solo agli individui, ma al paese stesso oltre che essere fondamentale, è anche imprescindibile. Nonostante tutte le difficoltà e le criticità che ci sono nell’organizzare un servizio così ampio e variegato, si può solo sperare di non scoprire mai come sarebbe l’Italia senza di loro.

 

MARTINA STEFANONI