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Russia 2018, la festa a metà del Marocco tra fine Ramadan e Mondiali

“Dima Maroc!”. All’inizio di corso Vercelli, un gruppo di tifosi si fa sentire al grido di “Marocco per sempre”. Per la comunità marocchina torinese non è una giornata come le altre: il Ramadan è appena finito e la nazionale festeggia il ritorno ai Mondiali. Contro l’Iran, la fine di un digiuno durato vent’anni.

Siamo alla caffetteria “Il Sultano”, a due passi da Porta Palazzo. C’è l’immancabile bandiera rossa con la stella verde al centro: uno dei proprietari la sventola durante l’inno e la tiene sulla schiena per tutta la partita. Davanti allo schermo un centinaio di persone di ogni età. Tutti rigorosamente uomini. “Di solito è ancora più pieno – spiega il gestore del locale Jaouad Kassimi – Solo che oggi, per via della fine del Ramadan, molti sono rimasti con le proprie famiglie”.

Alcuni indossano le magliette della nazionale, altri provano a vincere la tensione fumando narghilè per tutti i 90 minuti. Per sentirsi a casa si ascolta la telecronaca in arabo, ma quando il capitano, lo juventino Medhi Benatia, fallisce il gol del vantaggio, ci scappa qualche “vaffa” in italiano. È l’integrazione, bellezza.

Tra i tifosi è impossibile non notare Ijaamame Abdelaziz: guarda il match con gli occhiali da sole avvolto nella bandiera. “Litighiamo su tutto, ma quando gioca il Marocco le divisioni passano in secondo piano”. La partita regala poche emozioni, così all’intervallo c’è anche spazio per una digressione politica. “Speriamo che con il nuovo governo in Italia cambi qualcosa – aggiunge il pittoresco tifoso dei “Leoni dell’Atlante”, che a Torino ha un negozio di telefonia in corso Giulio Cesare – Se non siete soddisfatti, ribellatevi come abbiamo fatto nel nostro Paese”. Una pacca sulla spalla di un amico mette fine allo sfogo. “Basta parlare di cose serie, inizia il secondo tempo”.

Dopo un buon inizio il Marocco cala alla distanza. E all’ultimo minuto arriva la beffa con l’autogol di Aziz Bouhaddouz. In pochi secondi il locale si svuota. Davanti alla televisione restano solo in cinque, mentre la maggior parte esce dalla caffetteria in religioso silenzio, quasi fosse una processione funebre. Lo sguardo perso nel vuoto, mentre si cerca di trovare una spiegazione alla sconfitta. Nel frattempo il proprietario Jaouad si è già tolto la maglietta. “Pazienza, per noi è già un successo esserci qualificati. Ci rifaremo contro Portogallo e Spagna”. Due grossi bocconi per provare a interrompere anche il digiuno di vittorie.

EMANUELE GRANELLI
FEDERICO PARODI